“Formaggio a latte crudo non significa solamente formaggio realizzato a partire da latte non pastorizzato, significa mantenere vive le tradizioni, la cultura, aree marginali strategiche per il nostro territorio, la biodiversità.” Con queste parole il prof. Massimo De Marchi del Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente dell’Università di Padova è intervenuto questa mattina ad Agrimont, in occasione dell’incontro tecnico ad invito “Le produzioni di latte crudo: l’importanza della gestione e della biosicurezza della stalla e della mungitura per le produzioni casearie di nicchia”, promosso da ARAV e Coldiretti Belluno, al Centro Congressi Longarone Fiere Dolomiti, e moderato dal direttore di ARAV, Walter Luchetta.
L’importanza del settore lattiero-caseario è resa evidente dai numeri che lo caratterizzano, e che ne fanno la prima filiera agroalimentare italiana, con un fatturato di 19 miliardi di euro, oltre 100.000 operatori nell’indotto, 56 Indicazioni geografiche per prodotti a base di latte vaccino, ovicaprino, bufalino e misti (53 Dop, 2 Igp, 1 Stg), che valgono 5,23 miliardi di euro alla produzione e 8,64 miliardi al consumo.
Il lavoro degli allevatori è, dunque, strategico, come ha evidenziato il presidente di ARAV, Floriano De Franceschi, non nascondendo ai numerosi presenti all’incontro una grande preoccupazione: “Sul fronte della qualità delle produzioni il sistema allevatori del Veneto ha raggiunto un livello d’eccellenza, prova ne sia anche il fatto che il nostro laboratorio effettua ogni anno oltre 800 mila analisi. Dobbiamo preoccuparci, invece, della sopravvivenza delle nostre malghe, duramente attaccate da chi demonizza il latte crudo, anche diramando falsi messaggi, che vanno a favorire i prodotti sintetici, che non sono alimenti. I malgari sono davvero stanchi: hanno lavorato duro per far crescere delle strutture in molti casi fatiscenti, dove non arrivano ancora oggi acqua ed elettricità e che non sempre si caratterizzano per standard di ospitalità adeguati. La politica e le istituzioni devono affrontare questo tema, che non può essere rinviato, ma deve rientrare nell’agenda regionale con urgenza, anche considerando che le produzioni lattiero-casearie venete generano un fatturato importante sul panorama nazionale e garantiscono un indotto di tutto riguardo. Salvaguardare le malghe vuol dire anche tutelare le nostre tradizioni ed il nostro patrimonio culturale.”
Il lavoro condotto dai tecnici di ARAV nel territorio è tangibile, come hanno illustrato la dr.ssa Gaia Teot ed il dr. Massimo Feltrin dell’Area Assistenza Tecnica di ARAV, dopo il saluto introduttivo di Giovanni De Lorenzi, amministratore delegato di Longarone Fiere Dolomiti, della presidente di Coldiretti Belluno, Chiara Bortolas, e di Milo Veronese, presidente dell’Assemblea Provinciale Allevatori di Belluno. “Forniamo assistenza tecnica, quindi un supporto costante – hanno spiegato Teot e Feltrin – ad allevamenti, caseifici e malghe bellunesi, che continuano a crescere in fatto di attenzione al benessere animale e qualità del latte prodotto, con la consapevolezza sempre più forte che il lavoro di stalla è complesso e, proprio per questo, va affrontato con scrupolosità, osservanza delle disposizioni normative ed una grande sensibilità nei confronti degli anelli deboli della catena: animali e consumatori, che si collocano agli estremi di una filiera preziosa e da tutelare.”
Concetti sui quali ha posto l’accento, parlando di “Igiene, ottimizzazione della mungitura e biosicurezza in stalla”, anche il dr. Antonio Barberio, responsabile del Laboratorio Diagnostica Clinica dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie: “La salute degli animali è centrale in un allevamento. E la mastite bovina è una delle problematiche a cui l’allevatore deve prestare maggior attenzione, effettuando le procedure di mungitura con rigore e particolare scrupolo. Le mastiti possono essere di origine contagiosa o ambientale. Le prime sono causate da batteri in grado di sopravvivere esclusivamente o prevalentemente nella mammella, le seconde sono causate da batteri che vivono e si replicano nell’ambiente di stabulazione delle bovine. In questo contesto entra in gioco la biosicurezza, che indica tutte le procedure messe in atto per diminuire nell’ambiente i rischi e l’impatto di infezioni associati ad agenti patogeni. La stalla è un ambiente decisamente complesso, da isolare dall’attacco delle infezioni, perciò l’osservanza delle più semplici, ma rigorose norme per la mungitura, risulta strategica per ridurre i rischi.”
Il tema della biosicurezza è centrale, in quanto la qualità della materia prima incide drasticamente sul prodotto finito, come ha evidenziato il dr. Andrea Gazzetta, dirigente veterinario del Servizio Igiene Alimenti di origine animale dell’Ulss 1 Dolomiti, nonché presidente dell’Ordine dei Medici veterinari della provincia di Belluno, sottolineando come la sicurezza igienico-sanitaria del latte sia fortemente influenzata da salute e benessere animale, struttura e ambiente, formazione del personale, cultura della sicurezza alimentare ed educazione del consumatore. “Per far sì che queste condizioni vengano rispettate – ha spiegato Gazzetta – l’Ulss 1 Dolomiti effettua negli allevamenti ispezioni periodiche, non programmate, ed audit, allo scopo di confrontarsi direttamente con gli allevatori per stimolare il rispetto delle buone pratiche. Pensare che la soluzione sia mettere al bando il latte crudo non ha alcun senso. Si potrebbe optare per la pastorizzazione a freddo con gli infrarossi, che comporta numerosi vantaggi, ma richiede un oneroso investimento iniziale. L’attenzione, invece, dovrebbe essere posta sul prodotto, non su chi lo realizza. I consulenti vanno, infatti, correttamente formati ed informati. In particolare, dovrebbe essere posto l’accento sull’importanza dell’etichettatura e della conservazione del prodotto: ingredienti, allergeni, scadenza, indicazioni di conservazione ed indicazioni di consumo sono elementi spesso ancora ignorati, ma che porterebbero un’emancipazione oggi irrinunciabile.”
Sul tema è ritornato anche il prof. De Marchi, che ha evidenziato come il formaggio non sia fatto esclusivamente dal casaro, ma dai microrganismi, che giocano un ruolo fondamentale. “La qualità del processo di mungitura – ha concluso De Marchi – è fondamentale per garantire un formaggio d’eccellenza. Per questo occorre lavorare sulle caratteristiche del latte, per selezionare i batteri buoni che ne condizioneranno caratteristiche e sapore. Non va dimenticato che i batteri sono fondamentali per la creazione del profilo sensoriale di un formaggio.”
c.s
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Siamo presenti anche su TELEGRAM, iscriviti al nostro gruppo per rimanere aggiornato e ricevere contenuti in esclusiva: https://t.me/settecomunionline