È stato per cinque anni, dal 2019 al giugno del 2024, assessore del Comune di Asiago, portando avanti progetti ambiziosi che l’hanno visto impegnato su più fronti: dall’Asiago De.Co all’Ogd Montagna Veneta e così via. Cinque anni che hanno forgiato Nicola Lobbia, classe 1982, portandolo al centro dell’attenzione delle cronache locali. Con le elezioni amministrative dello scorso giugno, la decisione di uscire, o forse solo prendersi una pausa, dal mondo della politica. È allora che fiorisce la sua natura estremamente eclettica.
In quella che si potrebbe chiamare la seconda stagione di Nicola, affiora quella passione per la scultura, resa nota tramite la pubblicazione di alcune foto sui suoi profili social, che non ti aspetti: piccoli animali selvatici, funghetti, per poi arrivare a opere più complesse e creative. Un percorso che di recente l’ha portato anche a partecipare a un concorso, il Simposio del Bèghel, a Sevignano (Trento).
Da qualche tempo Lobbia sta concentrando la sua attenzione su un soggetto in particolare: le cràe, le cornacchie. E proprio dalle sue cràe, ultimamente abbinate alle immondizie lasciate nel bosco, nasce l’idea di approfondire insieme a lui il messaggio che intende trasmettere a tutela di un’altra sua grande passione: la natura.
Le Cràe del Lobbia – L’intervista
Nicola, facciamo un passo indietro. Come nasce questa tua passione per la scultura?
Per me il legno è sempre stato un elemento famigliare, il nonno Iride era un abile falegname e il suo ingegno era molto apprezzato in paese. Con il legno ci vuole pazienza e precisione, mi ripeteva ricurvo sul tornio mentre sotto la fioca luce controllava con il suo calibro la minuziosa lavorazione. Certamente la calma non è una dote che mi appartiene, essendo estroso, impulsivo e particolarmente dinamico. Alle elementari dovevano “legarmi sul banco” e alla domenica alla messa era immancabile il richiamo di Don Antonio: “Sta’ fermo Nicola”… Amen. Durante l’esperienza politica mi sono impegnato per commutare quel dinamismo fisico in dinamismo mentale. Le lunghe riunioni, gli incontri, le estenuanti attese, le incognite dei progetti, la pazienza per le critiche, le incomprensioni, le difficoltà che regolano i sempre più complicati rapporti umani, hanno forgiato giorno dopo giorno questa indispensabile attitudine per la scultura.
Quindi a un certo punto il legno diventa in qualche modo il tuo rifugio? Come ti sei approcciato all’arte dell’intaglio?
Fra le tante manifestazioni seguite dal mio assessorato, il Concorso Internazionale Sculture in Legno ha risvegliato in me i ricordi d’infanzia del nonno. Il profumo del legno, gli “arnesi del mestiere” e quel gergo del falegname, rievocato dagli artisti scultori durante il concorso, mi hanno stregato e, incentivato dal Maestro Silvano Ferretti, mi convinsi ad acquistare un set di scalpelli. Seguendo inizialmente le sue dritte, frequentando un breve corso d’intaglio con il Maestro Gianangelo Longhini e accompagnato dai preziosi consigli dell’amico scultore Marco Pangrazio, ho trovato nella scultura un mio nuovo punto di equilibrio.
Il sottobottega é diventato la tana, un vero e proprio laboratorio dove posso conciliare la mia passione con il lavoro di ottico.
Nel tempo è stata ben visibile la tua evoluzione artistica, fino ad arrivare alla collaborazione con altri artisti nella realizzazione di opere che hai tu stesso reso a colori. Le Cràe però sono qualcosa di diverso…
Per due anni ho scolpito anche 4-5 ore al giorno, cercando di perfezionare le scalpellate che mano a mano si facevano più consapevoli. “Le cornacchie del Lobbia” non lo sono. Nascono così, uscendo dalla consapevolezza della perfezione del gesto, cercando di recuperare l’impulso e l’istinto di una scultura primordiale, ottenendo un elemento caricaturale in grado di colpire per il senso del brutto. Beppino Lorenzet vedendole esclamò: “Le xse talmente brutte che le xse bele”.
Questi corvi, che sono animali, diciamocelo, non particolarmente belli e secondo l’accezione comune addirittura considerati uccelli del malaugurio, hanno assunto per te un significato profondo. Ne hai realizzati addirittura un centinaio, ognuno nel proprio contesto. Proprio le ultime Cràe, esposte in questi giorni nella sede dell’Unione Montana insieme alle opere di altri artisti, sono al centro di una campagna contro l’abbandono dei rifiuti nel bosco. Ce ne parli?
Realizzate a mano su legno di recupero del bosco o ritagli di opere in cirmolo realizzate dai diversi amici scultori, secondo la mitologia Norrena, per il Dio Odino simboleggiano il pensiero e la memoria, il passaggio dall’ignoranza alla conoscenza, dal male al bene, dalla notte al giorno. Sono animali intelligenti, risolvono problemi, sono dotati di pensiero relazionale che di solito abbiniamo agli esseri umani. Questi animali hanno imparato a raccogliere i piccoli rifiuti. Un esercito di netturbini alati è stato ingaggiato a Parigi e in alcune capitali nordiche per ripulire parchi e città, grazie a una start up che li ha istruiti insegnando loro a depositare i rifiuti nella Bird Box che, in cambio di piccoli oggetti metallici, plastici e cartacei, rilascia come ricompensa ai corvidi dell’ottimo cibo. In questi paesi si incontrano cartelli illustrati con un corvo che ha un mozzicone nel becco: “Se possono farlo loro, puoi farlo anche tu!”
Se l’arte è l’espressione della coscienza dei popoli, quella che vorrei far emergere attraverso “Le cornacchie del Lobbia” è proprio quella legata all’inquinamento in ogni sua declinazione, in particolar modo a quello della montagna. La montagna ci accoglie con il suo effluvio floreale, la brezza nei boschi e i sapori dei pascoli, dobbiamo ricordarci di rispettarla, impegnandoci per non danneggiarla e indignandoci con chi lo fa! Perché non sempre le Cràe del Lobbia potranno ripulire il bosco e la nostra coscienza.
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