La comunità di Enego lo scorso 25 aprile ha commemorato il colonnello e concittadino Giovanni Fincato, insignito della medaglia d’oro al valore militare.
Fincato, soldato e partigiano, nato sull’Altopiano, partecipò alla Grande Guerra dove dove dopo essere stato ferito due volte conseguì il grado di capitano.
Nel 1942, avendo ottenuto il grado di tenente colonnello, servì presso il Deposito del 5° Reggimento alpini. In seguito prese il comando del 167° Battaglione costiero, dislocato lungo le coste della Provenza. Dopo l’armistizio, l’eneghese si rifugiò inizialmente sulle montagne del Piemonte per poi spostarsi nel territorio veronese, dove organizzò gruppi di partigiani. Designato dal CNL (Comitato di Liberazione Nazionale) come comandante della piazza di Verona, si mise in luce per numerose imprese fino a che fu catturato da tedeschi insieme al collega Alberto Andreani.
Torturato e ucciso dai tedeschi, il suo corpo fu gettato nel fiume Adige e mai più ritrovato.
In sua memoria, a Verona, Padova e Vicenza sono state intitolate delle strade. Quest’anno, in occasione della Festa della Liberazione, è stata inaugurata una nuova targa commemorativa nel suo paese natale, presso il giardino dell’abitazione in cui è nato e cresciuto, proprio nella via che porta il suo nome.
La cerimonia di inaugurazione, molto sentita e partecipata, ha visto la presenza del sindaco di Enego, Marco Frison, del parroco Don Roberto, delle Forze dell’ordine, del gruppo Alpini e degli studenti delle scuole locali.
Il motivo dell’assegnazione della Medaglia d’oro
Prode ufficiale, già tre volte decorato della medaglia d’argento al valor militare, durante l’occupazione tedesca del Paese organizzò tra i primi la resistenza armata nella Zona di Verona. Affrontando per sé e per i famigliari gravi privazioni e seri pericoli, animò la lotta con la fede e con l’esempio. Comandante clandestino della piazza di Verona, dopo un anno di indifesa e coraggiosa attività, cadde nelle mani del nemico durante uno scontro nelle vicinanze della città. Ripetutamente interrogato e barbaramente seviziato per circa un mese, mantenne contegno fiero ed esemplare nulla rivelando sino a che il 6 ottobre 1944, dopo sedici ore di torture, stoicamente affrontate, il suo nobile cuore cessò di battere. Il suo corpo, gettato nell’Adige, più non venne trovato, ma il suo spirito continuò a levarsi, animatore della lotta, per la Patria e per la Libertà.
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