Ci risiamo. È di nuovo quel giorno dell’anno in cui per convenzione viene celebrata la donna. Eppure, anno dopo anno, mi soffermo sempre di più a pensare a come e quanto sia cambiato il mondo rispetto a pochi decenni fa. E questo pezzo, puramente frutto di una riflessione personale, voglio dedicarlo alla giovane asiaghese, Giulia Rigon, tristemente protagonista di questo venerdì di inizio marzo.
La figura della donna ha sempre rivestito un ruolo apicale all’interno della società, più o meno riconosciuto a seconda della cultura e dell’evoluzione giuridica dei popoli. Il solo fatto di essere in grado di dare alla luce una nuova vita l’ha resa per principio un essere quasi divino. E poi, spingendosi meno lontano nel tempo, più vicino ai giorni nostri, la donna ha rappresentato a lungo la scintilla del focolare domestico, con il compito – e le capacità – di accomodare la casa, accudire i figli, provvedere alle esigenze alimentari di una famiglia spesso numerosa e con poche disponibilità dedicate al sostentamento. Certo, la realizzazione del ruolo femminile era fortemente limitata, racchiusa fondamentalmente tra le mura di casa, mentre spettava all’uomo occuparsi di apportare, col proprio lavoro, al nucleo familiare i mezzi necessari per la sopravvivenza.
Oggi assistiamo a un cambiamento drastico della società occidentale, con un balzo in avanti delle donne nella catena socio-economica, dettato senza dubbio dalle azioni messe in atto per garantire pari opportunità a entrambi i sessi. Il che è indiscutibilmente corretto, sacrosanto. Ma se fermiamo per un attimo la ruota per criceti sulla quale siamo abituati a correre per inseguire obiettivi di carriera, soglie maggiori di follower sui social e la forma fisica perfetta corredata di make up permanente e manicure impeccabile, non possiamo non notare che qualcosa di essenziale si è perso.
Grazie al progresso in campo scientifico la donna ha perso la propria prerogativa legata alla riproduzione, guadagnando certo preziose possibilità di realizzare il proprio eventuale desiderio di maternità nonostante gli impedimenti che la natura a volte pone. Con l’andare del tempo, la figura maschile e quella femminile si sono pressoché equiparate, garantendo i medesimi diritti all’interno della società e sul piano lavorativo. Il sentimento di realizzazione che in passato poteva riguardare solamente il mondo maschile, oggi è ampiamente raggiunto anche da quello femminile, che anzi ottiene risultati posti maggiormente in evidenza, talvolta ancora come se si trattasse di un evento straordinario.
In tutto ciò, lo sentite quel fastidioso stridio di sottofondo? È la solitudine dei figli che non sanno più da chi farsi accompagnare per mano; è il fallimento dei rapporti di coppia che non trovano più il tempo per essere coltivati; è la conseguente incapacità di accettare situazioni sfavorevoli, fino a prevaricare il prossimo per ottenere ciò che si vuole.
Proprio oggi verrà emesso il verdetto nei confronti del giovane che è accusato di aver interrotto la vita della giovane Giulia. Quali siano state le motivazioni di un gesto simile non posso saperlo io e probabilmente non lo sapremo mai noi tutti, ma se c’è una certezza – ed è quella che ci raccontano i fatti di cronaca – è che questo tipo di società sta creando molti soggetti fallati, convinti di avere un potere illimitato sulla vita altrui. Personalmente credo che la causa sia da ricercare nella perdita di identità culturale determinata da questo insaziabile bisogno di non essere da meno, di non restare indietro nella corsa per il successo.
Allora quello che, da donna, mi sento di poter augurare a tutte le donne del mondo – estendendo l’augurio anche agli uomini, differenti solamente quanto a caratteristiche fisiche – in questa festa a noi dedicata, è di avere ogni giorno la forza per trovare il giusto equilibrio tra gli impegni e non dimenticare le responsabilità che abbiamo verso la famiglia, quindi verso la comunità e quindi verso noi stesse: siamo lavoratrici, siamo mamme, siamo mogli, siamo amiche. Siamo Donne. Buon 8 marzo.
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