La potenza dei giornali affonda le proprie radici nel passato più remoto, rappresentazione di una solidità che non è possibile scalfire se non ripagandola con la stessa moneta, parola contro parola. Ben lo sapevano i soldati mandati al fronte a combattere la prima guerra mondiale, un conflitto che solo in Italia mandò al macello oltre mezzo milione di giovani, costretti alla leva militare per difendere una patria egoista e cinica.
Ben presto i giovani soldati di tutta Europa si resero conto di poter maneggiare un’arma molto più potente dei fucili che imbracciavano per raccontare la loro guerra. Nacquero così i giornali di trincea, prodotti in edizioni limitate e destinati in genere a singoli reparti militari. Tra questi, il più importante che la storia ricordi è “La Tradotta”, che aveva sede a Mogliano Veneto e fu ideato dal colonnello degli Alpini Ercole Smaniotto con l’obiettivo di risollevare il morale ai soldati dopo la disfatta di Caporetto.
Fiorenzo Silvestri, un imprenditore di San Zenone, ricercatore appassionato d’arte e di storia, ha raccolto in trent’anni di studi un originale di tutti i 25 numeri a colori e dei 3 supplementi che furono lanciati ai soldati dagli aerei durante la battaglia di Vittorio Veneto. Per tramandare la memoria, Silvestri l’anno scorso ha deciso di ristampare in copia anastatica tutti i numeri della rivista e i supplementi, raccogliendoli in un fascicolo di circa 260 facciate che comprende gli indici degli autori e degli artisti e la bibliografia, intitolato appunto La Tradotta.
Il libro di Silvestri è stato presentato nel pomeriggio dello scorso sabato 6 gennaio nella sala consiliare del Municipio di Asiago, alla presenza anche del Presidente del Consiglio Regionale del Veneto, Roberto Ciambetti. Silvestri, da appassionato collezionista qual è, custodisce anche tutti i numeri di Signor sì, giornale dell’Altopiano di Asiago, de La Trincea, del Grappa, e di San Marco, coordinato da Gabriele D’Annunzio.
L’origine dei giornali di trincea raccontata da Roberto Ciambetti
«Facendo un largo struscio / nell’ovo che lo serra / or esce fuor dal guscio / il quarto anno di guerra». Lo annunciava allegro uno dei primi numeri de «La Tradotta», che raccontava come dell’anno appena nato si fosse messa «tosto in traccia / per prati e per foreste/ un’orrida vecchiaccia / giallastra con due teste», ovvero l’aquila bicipite dell’impero asburgico.
Ed in qualche modo «Fuori dal guscio», tra il 1917 ed il 1918, uscirono anche i «giornali di trincea». Le testate avevano nomi carichi di suggestione, talvolta anche ingenui, che richiamavano la dura vita delle campagne belliche o, in maniera più esplicita, gli ideali che muovevano i popoli impegnati nel primo grande conflitto mondiale. Fra i più popolari ed attesi dai soldati vi erano “La Trincea – Quotidiana”, destinato ai soldati della IV Armata, “Resistere”, “Il Razzo”, “La Tradotta” (autori di riferimento Arnaldo Fraccaroli e Antonio Rubino), “La Ghirba” (che si avvaleva della collaborazione di Ardengo Soffici), e il “Sempre Avanti” (dove pubblicava anche Giuseppe Ungaretti).
Inizialmente i giornali di trincea erano pensati e realizzati proprio nelle trincee, scritti da combattenti, quasi mai stampati, talvolta litografati, ma più spesso riprodotti col velocigrafo (in qualche caso anche in copie manoscritte), e diffusi in pochi esemplari, tra le baracche dove erano compilati. Questi piccoli foglietti prevalentemente di tipo umoristico e satirico, ricchi di caricature, avevano circolazione limitata al reparto militare di cui erano espressione perché l’interesse del contenuto riguardava persone e casi che, fuori dal reparto stesso non erano conosciuti e quindi non suscitavano nessuna curiosità. Dopo Caporetto il governo italiano, che fino a quel momento si era completamente disinteressato dei giornali di guerra, decise di intervenire con azioni di propaganda diretta, soprattutto tra le file dei soldati e fu costituito un apposito Ufficio di propaganda presso il Comando Supremo (il servizio”P”). Da quel momento in poi presero vita un buon numero di giornali stampati con larghezza di mezzi tipografici e di elementi redazionali che ebbero facile vittoria sugli umili predecessori.
Per una breve stagione, fino alla fine della Grande Guerra o poco oltre, rappresentarono una formidabile novità giornalistica, artistica, letteraria che coinvolse autori come Gabriele d’Annunzio, Curzio Malaparte, Giuseppe Ungaretti, Mario Sironi, Massimo Bontempelli, Grazia Deledda, Giorgio de Chirico, Ardengo Soffici, Antonio Rubino, Enrico Sacchetti e altri ancora.
Successivamente e fino ai giorni nostri, intorno ai giornali di trincea è cresciuto un fiorente collezionismo: molti di quei giornali, con le loro vignette, i loro manifesti, i loro scritti poetici e/o di costume, ma anche gli slogan sparsi qua e là, sono diventati esempio di uno stile e, in molti casi, vere e proprie opere d’arte in virtù del talento di coloro che vi dettero vita.
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