È andato completamente distrutto l’imponente Drago di Vaia che si trovava in località Magrè di Lavarone, sull’Alpe Cimbra, posizionato sulla sommità del colle Tablat, raggiungibile perlopiù a piedi. L’allerta era scattata attorno alle 22 di ieri sera, quando diverse persone anche da una notevole distanza avevano notato le fiamme, avvertendo subito i Vigili del Fuoco. Nonostante l’aiuto fornito anche da molti volontari accorsi sul posto, l’opera è stata sbriciolata dal rogo in pochi minuti, come in una sorta di scherzo del destino, proprio come enunciavano i latini: chi di spada ferisce, di spada perisce. E così il Drago, tradizionalmente una creatura mitologica che sputa fuoco, ha trovato la sua fine in un incendio.
Il Drago era stato realizzato dallo scultore roanese Marco Martalar con gli scarti di legno degli alberi abbattuti dal ciclone Vaia nel 2018, parte di una lunga serie di composizioni artistiche simili dedicate al mondo animale che hanno reso famoso l’autore, anche grazie all’idea di utilizzare legno non trattato, cosicché le sculture possano ritornare a far parte del ciclo naturale col passare del tempo. Land Art, così chiamano questa corrente artistica che vede gli artisti operare direttamente sul territorio per creare opere che solitamente hanno carattere effimero.
Il primo era stato il Leone di Vaia, realizzato subito dopo la tempesta, al quale si era interessata anche la Regione del Veneto in ragione del progetto realizzato dall’associazione di imprese 7C Promotion: un tour itinerante del Veneto che avrebbe condotto il Leone da Mezzaselva di Roana a Venezia attraverso cinque tappe prestigiose del territorio, corredate da eventi collaterali di rilievo.
Il Drago era finito negli scatti di centinaia di ammirati visitatori grazie ai suoi 6 metri di altezza e i 7 di lunghezza e alla maestria con la quale era stato realizzato in diversi mesi di lavoro nel 2021: a comporlo, 3.000 viti e oltre 2.000 scarti di legno di larice.
Oggi restano solo le ceneri di quella mastodontica creatura, al posto delle quali qualcuno sui social ha suggerito di realizzare una fenice, come simbolo di rinascita di qualcosa di unico. E in molti attendono l’esito delle indagini del Vigili del Fuoco per conoscere le cause del rogo, che ci si augura non siano di natura dolosa, come invece sembrerebbe finora.
Nel frattempo il sindaco di Lavarone, Isacco Corradi, ideatore del progetto Lavarone Green Land, ha annunciato che questo incidente di percorso non fermerà le loro azioni di riqualificazione ambientale e contestualmente ha lanciato una raccolta fondi affinché possa nascere un nuovo Drago, con la quale da questa notte sono già stati raccolti quasi 4 mila euro. “Non vogliamo darla vinta a chi ha fatto questo, dobbiamo ripartire più forti di prima”, ha commentato Corradi.
Senza parole invece lo scultore Marco Martalar, il quale ha però rinunciato alla sua innata fiducia nel prossimo, dichiarando che d’ora in poi tutte le opere saranno custodite da impianti di videosorveglianza.
E nella tarda mattinata è arrivato anche il messaggio di supporto da parte del presidente della Provincia di Vicenza, Andrea Nardin: “Può bruciare un’opera, ma non può di certo bruciare ciò che rappresenta. Il Drago Vaia non era semplicemente un’opera straordinaria, il drago in legno più grande del mondo, in una posizione suggestiva e meta di migliaia di turisti. Il Drago Vaia era simbolo della rinascita, di una montagna che ha sofferto la violenza di una tempesta ma ha saputo con tenacia tornare a vivere. Per questo la sua distruzione fa ancor più male. E denota ancor più la pochezza di chi ha innescato il rogo, se di incendio doloso si tratta. A Martalar e al sindaco di Lavarone esprimo la mia vicinanza e quella della comunità vicentina. La prima reazione non può che essere la rabbia, ma già entrambi hanno fatto sapere di non darsi per vinti e con questo spirito sono certo che torneranno a ripensare al luogo che ospitava il Drago Vaia. Voglio far sapere loro che possono contare sul nostro sostegno”.
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