È il momento delle donne in Italia in ruoli apicali e di governo, dello Stato e della politica: finalmente!
Ma attenzione: non hanno nulla da dimostrare, non devono provare alcunché.
Lo dovrebbero fare se fossero uomini? Se fossero uomini, noi nutriremmo verso di loro le stesse pretese? Ecco.
Il primo passo per divenire una società più giusta ed equa è nutrire le stesse pretese verso chiunque, uomo o donna che sia.
Ed anzi, ora, visto il tempo troppo a lungo trascorso prima di vedere donne ricoprire incarichi di così alto prestigio, dovremmo perfino essere più clementi e comprensivi per tutti gli sforzi già portati a buon termine dato l’esito raggiunto nella propria carriera professionale professionale. Un traguardo personale per queste donne, un traguardo sociale per il Paese.
Scorriamo in carrellata i ruoli chiave del Paese ora occupati da donne, in ordine cronologico a ritroso.
La più recente nomina, sperando non sia passata troppo in sordina, è l’elezione a Presidente della Corte Suprema di Cassazione -massimo livello giudiziario dell’ordinamento italiano- di Margherita Cassano, il 2 marzo scorso, prima donna a ricoprire questa carica, dopo ben 60 anni dalla legge che ha permesso l’ingresso delle donne in magistratura.
Elly Schlein, Segretaria del Partito Democratico dal 26 febbraio scorso, primo partito di opposizione e secondo partito del Paese, prima donna a ricoprire la leadership di un partito –rectius, del principale partito- di sinistra in Italia.
Il 21 gennaio scorso è stata eletta l’Avvocata Maria Masi quale Presidente del Consiglio Nazionale Forense, organo di rappresentanza istituzionale dell’avvocatura italiana, prima donna a ricoprire questo ruolo in 100 anni dalla nascita. Masi rivestiva il ruolo, sebbene in subentro e senza elezione, già dal marzo 2020.
Giorgia Meloni, dal 25 settembre 2022 “il” Presidente del Consiglio dei Ministri, prima donna in Italia a ricoprire questo incarico, e -non scordiamolo!- dal 2014 presidente di Fratelli d’Italia, ad oggi primo partito in Italia, prima donna a ricoprire la leadership di un partito di destra in Italia.
Silvana Sciarra, prima donna eletta dal Parlamento in seduta comune quale Giudice della Corte Costituzionale, di cui è Presidente dal 20 settembre 2022, prima di lei sono state Presidente altre due donne: Fernanda Contri (2005) e Marta Cartabia (2019-2020).
Gabriella Palmieri Sandulli è dall’agosto 2019 Avvocata Generale dello Stato, prima donna a ricoprire questa carica.
In questo momento quindi ai vertici del mondo giuridico e del mondo politico italiano siedono finalmente anche delle donne. Non è “meglio” né “peggio”, sia ben chiaro. Eppure, invece è “un bene” il fatto che finalmente sia siano infranti tanti soffitti di cristallo, ossia barriere invisibili che permettevano sì alle donne di vedere incarichi di guida ma solo di pensare in ipotesi al loro effettivo ottenimento mentre nella realtà il “fattore donna” era penalizzante. Ed è allora “un bene” se oggi anche delle donne “possono” ricoprire questi incarichi.
Come si è detto e si evidenzia nuovamente: si tratta di incarichi nel mondo giuridico, prevalentemente, e non si può quindi non ricordare che in questo settore professionale già da tempo le donne sono maggioranza, vuoi si parli della professione forense, vuoi si parli del settore giurisprudenziale, vuoi si parli già della fase della formazione universitaria ove e quando le donne prevalgono di numero gli uomini iscritti alle facoltà giuridiche.
E meno male allora che i vertici siano espressione anche di un dato numero oggettivo e -questo sì- incontrovertibile.
Ma non è certo cosa nuova del tutto che una donna si trovi a guidare istituzioni e enti rappresentativi di livello nazionale.
Le prime quattro che possono venire in mente sono: Susanna Camusso, prima Segretaria Generale donna della CGIL -il più grande sindacato dei lavoratori italiano- dal 2010 al 2019; Emma Marcegaglia, prima Presidente donna di Confindustria dal 2008 al 2012; Nilde Iotti, prima Presidente donna della Camera dei Deputati dal 1979 al 1992; Tina Anselmi, prima donna Ministro della Repubblica Italiana nel 1976.
Ecco allora che il cambiamento ha già compiuto tanti passi, eppure tanti altri ancora ne mancano.
Il nostro impegno, attento e sfidante, possa essere sia quello sia di promuovere una vera parità, sia di non esaltarla oltremisura per non generare indebite aspettative, sia di non pretendere poi dimostrazioni non richieste.
Insomma, sarà davvero parità raggiunta quando sia la notizia di una donna a un vertice non farà più scalpore sia quando non ci saranno più ostacoli in maggior misura per le donne in questo paese.
È ovvio che prima va raggiunto il secondo obiettivo, anche utilizzando forme di coercizione politica elettorale se mai, e solo dopo si potrà accedere al primo obiettivo. Perseguire e pretendere la attuazione del primo eludendo il secondo è o da ingenui o da persone -tendenzialmente uomini, guarda un po’!- in malafede.
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