Grazie alle attente analisi e agli approfonditi e costanti report di Openpolis (fondazione indipendente e senza scopo di lucro che promuove progetti per l’accesso alle informazioni pubbliche, la trasparenza e la partecipazione democratica), possiamo tracciare il quadro dell’azione legislativa del Governo Meloni e della sua Maggioranza parlamentare a 100 giorni dall’insediamento della prima donna quale Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana.
Va certamente detto che è capitato assai di rado un Governo si insediasse in autunno, e per di più mai dopo elezioni politiche (le altre volte è stato sempre un mero cambio di esecutivo, a Camere attive e Legislatura e legislazione non interrotta): è questo in un certo senso e sotto certi aspetti un unicum nella storia della Repubblica.
Ciò nonostante, il periodo dei “primi 100 giorni” del Governo Meloni e della sua Maggioranza parlamentare meritano eccome una analisi sul piano legislativo, fatta di dati e di confronto con gli altri esecutivi della storia della Repubblica, in particolar modo della “seconda Repubblica” (dal 1994 ad oggi).
Ora, partiamo con la premessa da manuale di diritto costituzionale. Nella tripartizione del potere secondo Montesquie, il potere giudiziario sta nella Magistratura, il potere legislativo nel Parlamento ed il potere esecutivo nel Governo. Ciascuno esercita il proprio potere pienamente e in maniera preponderante, gli altri aiutano, limitano e controllano quel potere nel suo svolgimento.
Sappiamo poi bene, dati alla mano e prassi costituzionale ormai forte e sempre più valevole dal 1994 ad oggi, che è il Governo ad esercitare in assoluta prevalenza l’azione legislativa, o meglio a prendere l’iniziativa legislativa, poiché perché un atto diventi legge è pur sempre necessaria la approvazione di entrambe le Camere del Parlamento.
Mai però era successo che il 100% delle leggi varate sotto un Governo quale che fosse durante i suoi primi 100 giorni fossero solo ed esclusivamente di iniziativa legislativa: così è invece per il Governo Meloni. 7 leggi approvate, tutte e 7 di iniziativa governativa.
Nessuna legge approvata è nata dai banchi dei parlamentari, nessun testo divenuto legge è passato prima dal Parlamento che dal Governo.
Sette, 7 soltanto le leggi approvate dal Governo Meloni nei suoi primi 100 giorni. Si dice “7 soltanto” perché, quale che sia il periodo dell’anno e quale che siano le condizioni politiche, tutti i Governi debbono tutti affrontare i primi 100 giorni con le proprie difficoltà, e il Governo Meloni ne ha combinate proprio poche di cose.
Anche il Governo Conte I aveva approvato solo 7 leggi di iniziativa governativa nei suoi primi 100 giorni, e però era riuscito ad approvarne anche 2 di iniziativa parlamentare. E quale che sia la parte politica di ciascuno, non si potrà negare che il Governo Conte I, dato dalla inattesa alleanza tra Movimento 5 Stelle e Lega, fosse un Governo partito col vento in poppa o la solidità di cui gode il Governo Meloni, ma tant’è.
Se vogliamo andare ai record, beh, ne possiamo registrare diciamo “uno per parte”, uno a testa per il centro-destra ed il centro-sinistra.
Il Governo Berlusconi IV (2008-2011) nei suoi primi 100 giorni varò ben 18 leggi, di cui 1 sola di iniziativa parlamentare. 1 sola, sì, ma su 18. E quel Governo era certamente composto da persone molto esperte, ed anche da una Maggioranza parlamentare non fatta di novellini, ma abbiamo già ripercorso su altre pagine del nostro giornale profili e figure che ricorrono tra tutti i Governi di CentroDestra della seconda Repubblica e questo ultimo Governo Meloni.
Il record assoluto -sfida vera batterlo!- lo segna il Governo Prodi I (1996-1998): ben 20 leggi approvate di iniziativa governativa e 3 di iniziativa parlamentare. Record doppio, anzi triplo: il maggior numero di leggi approvate in 100 nel complesso, nonché il maggior numero sia di iniziativa governativa sia di iniziativa parlamentare.
L’unica consolazione, ma con un retrogusto pur sempre amaro, è il non essere l’unico Governo ad aver approvato solo leggi di iniziativa governativa nei suoi primi 100 giorni: ciò capito egualmente anche al Governo Berlusconi II (2001-2005), che però di leggi ne approvò –rectius, ne fece approvare- addirittura 15, più del doppio. Governo quello solidissimo e dalla ampia maggioranza parlamentare, ma non che questo non si possa dire del Governo Meloni.
Ad aggravare il bilancio è l’analisi del tipo di leggi approvate. Ecco allora che il Governo Meloni perde un altro punto: delle 7 leggi, 6 sono leggi di conversione di decreti legge ed 1 è di bilancio. E la legge di bilancio, come ben sappiamo tutti, è ontologicamente irrinunciabile ed irrimandabile. E’ anche ben vero che è un caso davvero particolare dove cominciare la propria azione di governo con la legge di bilancio, ed infatti è ben inquadrabile ciò che è avvenuto come un concentrarsi collettivo, anche dei Parlamentari, su di essa, tralasciando evidentemente ogni altra forma di iniziativa propria. E però, lasciate che lo si dica, a che serve avere un Parlamento? Sia chiaro: mica si sta dicendo che sia inutile, tutt’altro! Qui si evidenzia che il livello della classe dirigente politica, trasversalmente, non riesce più a prendere il tempo e a batterlo all’opinione pubblica e ai media. Se questi due macrosoggetti politici in senso lato decidono di impostare l’informazione e la discussione sulla legge di bilancio, la classe dirigente politica tutta non riesca a reimpostare la discussione scardinandola da questi stessi stretti binari. E così o si parla di legge di bilancio e ci si attiva su di essa, o niente. Un vero peccato: abbiamo 600 Parlamentari ed un governo, tutti interessati sulla sola legge di bilancio. Non che sia male, eh, ma davvero tutte queste testa non avrebbero potuto fare niente di meglio? Magari giusto per arrivare alla approvazione di una altra ulteriore legge, magari di iniziativa parlamentare, dopo Natale, viste tutte le promesse fatte da tutti e viste le tante e perduranti emergenze e necessità economiche e sociali. E invece no, solo la legge di bilancio.
Quanto agli altri 6 atti legislativi, cioè 6 conversioni in legge di decreti-legge, che dire? In termini assoluti sono pochi rispetto agli altri governi, ma solo perché sono poche in totale le leggi, e questo dato è pari all’86% delle leggi approvate. Dato superato per forza di cose dall’anzidetto Governo Berlusconi II, che fece approvare solo leggi di conversione di decreti legge.
Altro dato non entusiasmante per il Governo Meloni è per 5 su 7 di queste leggi c’è voluta l’apposizione della fiducia parlamentare. Questo di per sé non è opzione ottimale poiché resetta ogni forma di discussione e dibattito, vincolando di fatto gli schieramenti opposti ad un mero sì o no al testo portato in Aula, che essendo di iniziativa governativa vuol dire che il Parlamento non lo ha minimante toccato. Se una volta la scelta di apporre la fiducia era dettata dalla volontà se non dalla necessità di ricompattare le fila della Maggioranza legandola a doppio filo con la sopravvivenza del governo, oggi questa opzione è sempre più scelta per tagliare i tempi del dibattito parlamentare ed addivenire subito al risultato, così come voluto dal governo stesso.
Tutto ciò, ancora, più che poter dire essere prova della autoritarietà del Governo Meloni, è prova se mai della inconsistenza della Maggioranza che lo sostiene.
Il Governo Prodi II (2006-2008) appose addirittura 6 volte la fiducia sugli atti da approvare, ma furono 6 volte su 10, mentre il Governo Berlusconi IV la appose 5 volte come il Governo Meloni, ma furono 5 volte su 18 atti approvati in totale.
Un dato da registrare e di cui dare conto ma che non vede primeggiare il Governo Meloni (e in questi casi primeggiare non è stato sinonimo di successo, pare chiaro) è il numero di decreti legge emanati nei primi 100 giorni di vita: il Governo Meloni è arrivato a 15, a pari merito -se merito si può dire- con il Governo Berlusconi IV, mentre “meglio” di entrambi ha fatto il Governo Berlusconi II con ben 25 decreti legge emanati nei primi 100 giorni dal proprio insediamento.
In questo caso va dato atto al fatto che un comunque sì notevole numero di decreti legge ha per forza di cose intasato l’attività del Parlamento, che si è trovato soverchiato dalla iniziativa legislativa, non avendo nemmeno la possibilità, stante la scadenza costituzionale dei 60 giorni del termine dei decreti legge, per affrontare una qualche propria iniziativa. E però allora vuol dire che il dialogo tra Maggioranza e Governo o non funziona o funziona male o propende in maniera eccessiva dalla parte del Governo, che, lo ricordiamo, dovrebbe esercitare prioritariamente il potere esecutivo e non quello legislativo.
In 1 solo caso è decaduto 1 decreto legge causa scadenza del termine di conferma dei 60 giorni, ma come detto appunto con così tanti testi è ben comprensibile qualcuno vada perduto.
Ultimo aspetto sondato e verificato dai lodevoli, attenti e precisi report di Openpolis è quello relativo al numero di voti di scarto tra maggioranza e opposizione all’approvazione dei provvedimenti.
Se è vero che per la conversione in legge del decreto rave (che oltre alle norme anti rave ha disposto anche il reintegro del personale sanitario non vaccinato al Covid) ha segnato il punto più basso della maggioranza con soli 8 voti più delle opposizioni, il valore medio dello scarto è sempre stato alto, con un margine di sicurezza che mai ha fatto dubitare della tenuta della maggioranza, sino ad oggi solida e compatta senza alcuna crepa o perplessità.
Infatti, visto per ogni ramo del Parlamento, alla Camera lo scarto medio di voti è stato di 67,4 mentre al Senato di ben 37,9 (essendo l’una il doppio dell’altro, è il secondo lo scarto maggiore proporzionalmente).
L’unico vero rischio per il Governo Meloni è dato dal Governo Meloni stesso, o meglio dai membri del suo Governo ovvero dall’alto numero di coloro che rivestono anche incarichi parlamentari, in particolare i Senatori: la assenza di costoro, anche per motivi nobili e validi poiché svolgenti le funzioni di governo, potrebbe comportare qualche sorpresa allorquando vi fossero più perplessità su un provvedimento ovvero dovessero mancare per altre buone ragioni anche altri membri della maggioranza parlamentare.
E tutto ciò che abbiamo elencato sino ad ora un male? Un vulnus alla democrazia, una lesione dei principi costituzionali? Ni.
Cioè, se prendessimo il Governo Meloni in sé, dovremmo ben affermare di sì, è tutto ciò di cui ci si è interrogati. Ma alla luce della prassi consolidata -ahinoi, sia chiaro- negli ultimi 30 anni di Governi nonché alla straordinarietà anzidetta dell’inizio di Legislatura (e quindi di ovvio periodo di assestamento per un nuovo Parlamento, nuovi Gruppi Parlamentari, nuove Commissioni, e tutto il resto che ne consegue), allora onestamente possiamo dire che no, non è un fatto grave, non almeno per il Governo Meloni.
Lo è invece, questo sì, per la Maggioranza che sostiene questo Governo.
In altra sede abbiamo già analizzato molte delle figure chiave del Governo Meloni e della Maggioranza parlamentare che lo sostiene: sono tante e tanti coloro che ne fanno parte che hanno già più e più volte rivestito incarichi governativi e di maggioranza. Ecco allora che sì, alla luce della loro pluridecennale esperienza in Parlamento e in più Governi della Repubblica, la Maggioranza che sostiene il Governo Meloni non ha battuto alcun colpo, nonostante le tante e solite promesse elettorali durante l’estate scorsa e nonostante le tante dichiarazioni, in Parlamento e fuori, dal giorno dopo che abbiamo conosciuto l’esito elettorale.
Bilancio? Governo giustificato, Maggioranza bocciata.
La XIX Legislatura ha quindi già fornito tanti elementi da analizzare e tante curiosità e dati su cui vale la pena continuare a studiare e tenersi aggiornati. Perché è dallo studio e della prassi e del suo stravolgimento che non di rado nascono idee e schemi -scheletri parrebbe allo stesso tempo più appropriato e meno di buon auspicio- di riforme costituzionali.
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