Le produzioni di montagna non sono come tutte le altre. Lo dimostrano i numeri, i colori ed il sapore distintivo dei formaggi. Con il progetto FITOCHE, ARAV, l’Associazione regionale allevatori del Veneto, in partnership con i cinque più rappresentativi caseifici veneti di montagna (Caseificio Pennar, Agricansiglio, Centro caseario del Cansiglio, Cà Verde e Livinallongo Col Di Lana), è riuscita a trasmettere chiaramente questo messaggio.
Ieri mattina ad Agripolis, a Legnaro (Pd), infatti, si è svolto il convegno conclusivo del progetto FITOCHE, che è l’acronimo di From field to cheese (dal campo al formaggio), moderato dal direttore di ARAV, Walter Luchetta, nel corso del quale sono stati presentati, dai diversi attori protagonisti dell’iniziativa, i risultati elaborati.
Il lavoro in team ha premiato, come evidenziato dal Direttore Qualità, conoscenze e innovazioni agroalimentari della Direzione Agroalimentare Regione Veneto, il dr. Giorgio Trentin: “questa iniziativa, come la direzione che il Veneto ha assunto nell’ambito del Psr, dimostra la volontà forte di far lavorare assieme imprese, organismi di consulenza e di formazione. E per innovare è indispensabile mettere in campo le migliori risorse ponendo a fattor comune i dati ogni giorno raccolti negli allevamenti del territorio”.
ARAV ha saputo guardare al futuro elaborando il progetto FITOCHE, come evidenziato dal Responsabile scientifico del progetto il prof. Mauro Penasa del Dipartimento Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente dell’Università di Padova. “Il FITOCHE è un percorso di valorizzazione dei pascoli – ha spiegato Penasa – che parte dagli allevamenti ed arriva, attraverso il formaggio sulle tavole dei cittadini. Una volta entrato a regime, si riuscirà a creare delle sinergie stabili tra la ricerca universitaria e gli allevatori, le loro forme associate, ARAV in primis, le comunità rurali, le imprese di trasformazione e commercializzazione dei prodotti caseari, nonché i servizi di consulenza”.
Un lavoro indispensabile anche per contrastare l’erosione dei prati e pascoli ad opera della montagna, segnale inequivocabile dell’abbandono del territorio da parte degli allevatori, come evidenziato dal dr. Eugenio Straffelini del Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-Forestali dell’Università di Padova. “È indispensabile attuare interventi per la mitigazione dei processi di degrado del suolo. In particolare – ha evidenziato Straffelini – occorre porre in atto la recinzione dei pascoli con barriere elettrificate come deterrente per gli ungulati, monitorare l’erosione mediante tecniche innovative e pensare al pascolo di precisione, dove mappe ad alta risoluzione dei fenomeni erosivi fungano da linea guida per evitare sovra-pascolamento in aree dove l’erosione è particolarmente severa”.
Il valore dei pascoli veneti è straordinario, come rilevato dalla dr.ssa Cristina Pornaro del Dipartimento Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente dell’Università di Padova: “vegetazione, foraggio, latte e formaggio sono strettamente interdipendenti. Dai rilievi delle essenze caratterizzanti il territorio sono emersi risultati importanti, sia in termini di quantità, che di qualità. Nell’area del Caseificio Pennar vi sono 124 specie totali, in quella del Latteria del Cansiglio 85, in quella di Agricansiglio 72, in quella di Ca’ Verde 143 e, per finire, in quella di Livinallongo ben 146. Numeri che dicono chiaramente come i prati e pascoli veneti si caratterizzino per una buona biodiversità. Grazie al progetto FITOCHE va veicolato questo messaggio, per cui quando il consumatore acquista un formaggio, contribuisce a tutelare il territorio da cui lo stesso prodotto deriva”.
Il dr. Giovanni Niero del Dipartimento Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente dell’Università di Padova ha posto l’accento sul legame tra pascolo e prodotti lattiero-caseari ed i risultati ottenuti sono davvero emblematici. “Con le più moderne tecniche abbiamo esaminato – ha spiega Niero – campioni di latte individuali, da cui emerge un buono stato di salute degli animali e, in particolare, il miglioramento del profilo acidico del latte ottenuto da animali allevati al pascolo, con la conseguenza che il formaggio prodotto sarà meno impattante dal punto di vista del colesterolo. Inoltre, grazie all’uso delle analisi con il sistema della risonanza magnetica, sarà possibile implementare sistemi di (rin)tracciabilità. Esaminando i campioni di formaggio, infine, è emerso senza dubbio che l’impronta del pascolo si trasferisce dal latte al formaggio”.
Un risultato che merita una certificazione specifica, come ha aggiunto il dr. Michele Blasi, Direttore del Dipartimento Qualità Agroalimentare del DQA: “nell’ambito dei cinque caseifici partner del progetto FITOCHE, abbiamo individuato le aziende per le quali è in corso il percorso di certificazione”.
Un grazie di cuore per il lavoro svolto è stato manifestato da Giancarlo Rigoni, Presidente del Caseificio Pennar di Asiago, Capofila del Progetto: “bisogna ringraziare chi lavora ogni giorno in montagna, non per fare profitto, ma soprattutto per passione e per amore del territorio. Oltre alle difficoltà ben note, legate alla complessità dell’allevamento in montagna, infatti, da qualche anno dobbiamo fare i conti con i predatori, che non hanno certo in mente il benessere dei nostri animali”.
A conclusione dell’incontro, il dr. Maurizio Mazzarella, Consigliere Nazionale ONAF, ha descritto, prima della degustazione finale, i cinque formaggi proposti dai caseifici partner del progetto FITOCHE: Asiago Dop prodotto della montagna Grun Alpe Pressato (Caseificio Pennar di Asiago), Formaggio Grotta del Caglieron a latte crudo (Agricansiglio), Monte di Malga (Ca’ Verde), Formaggio Fodom (Latteria di Livinallongo) ed il Mezzano Bio Cansiglio del Centro Caseario e Agrituristico dell’Altopiano Tambre – Spert – Cansiglio.
c.s
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Siamo presenti anche su TELEGRAM, iscriviti al nostro gruppo per rimanere aggiornato e ricevere contenuti in esclusiva: https://t.me/settecomunionline