Forse è passata in sordina, silenziata dalla campagna elettorale e dai suoi risultati, lo si può comprendere, l’elezione a Presidente della Corte Costituzionale di una donna, il 20 settembre 2022. E’ la seconda volta nella storia, è forse anche per questo fa meno rumore, certamente meno di quanto e quando venne eletta Marta Cartabia, la prima volta, appunto, di sempre nella storia del giudice supremo nell’ordinamento italiano.
Innanzitutto andrebbe ricordato che la nomina di un Presidente è sì atto necessario della Corte Costituzionale, ma esso non implica alcuna scelta politica o ideale. Ad essere indicato o indicata Presidente è il giudice più anziano, non tanto nel senso dell’età della persona quanto della data della nomina alla carica. Ciò accade per prassi da sempre per più motivi: slegarlo da scelte che verterebbero su valutazioni ideali e/o personali, cosa di cui la Corte non può essere toccata; poi, dare sulla carta la possibilità ad ogni giudice di acquisire esperienza prima di divenirlo; infine, per quanto si prevede un massimo di 3 anni di mandato (comunque rinnovabile), non consentire la permanenza nella carica per un periodo troppo lungo onde evitare la personalizzazione della Corte. Ed infatti questa prassi garantisce che davvero la Corte, sia nell’ambito strettamente giuridico sia nell’opinione pubblica, non sia mai percepita altro che come “un organo”, diciamo pure spersonalizzato. E così lo ha immaginato l’Assemblea Costituente, è questo lo spirito secondo cui nasce nella Costituzione. Tutt’altro si potrebbe ben dire per la Corte Suprema statunitense, di cui si conoscono i nomi dei giudici -almeno i più eclettici-, ma infatti quella nasce con “tutta un’altra storia”.
Era quindi destino che capitasse di nuovo ad una donna essere Presidente della Corte Costituzionale, e peraltro questa volta era ben più probabile di quanto mai nella storia, poiché, scaduto il mandato di Giuliano Amato a giudice (e Presidente) della Corte, erano ben due donne su tre persone a concorrere alla nomina. Assieme alla professoressa Silvana Sciarra, risultata eletta, era papabile anche la professoressa Daria De Petris, e assieme a loro il professor Nicolò Zanon.
Se Silvana Sciarra è la quinta donna Giudice della Corte Costituzionale (prima di lei erano state nominate Fernanda Contri, Maria Rita Saulle, Marta Cartabia e appunto la suddetta Daria de Pretis), ella è stata la prima nominata non dal Presidente della Repubblica come era stato nei quattro precedenti casi, ma dal Parlamento in seduta comune. E forse anche per questo motivo è stata scelta come Presidente. Allora la sua elezione (novembre 2014) fu un segnale significativo per più motivi. Innanzi tutto appunto era solo la quinta donna ad essere nominata giudice costituzionale. Inoltre ancora non vi era stata una donna Presidente. Infine si arrivò alla sua nomina anche per un cambio di rotta del governo allora in carica (Governo Renzi), dopo che per tanti mesi -e per 20 scrutini!- il Parlamento non aveva saputo trovare un nome su cui convergere (servono i 3/5 della assemblea speciale). Fu un successo per moti versi quindi.
Così come si è ricordato, Silvana Sciarra è stata nominata a novembre 2014 ed ha giurato pochi giorni dopo nello stesso mese. Contando il giorno del giuramento, da allora il mandato dura 9 anni, non prorogabili, tale per cui la giudice decadrà dalla sua carica e funzione tra poco più di 13 mesi, a novembre 2023, che il Parlamento abbia o meno trovato un accordo. E questo sarà eccome un bel banco di prova per il Governo Meloni. Potrebbe infatti essere una delle nomine più complicate che il Governo si troverà a risolvere. Chi vivrà (Governo compreso) vedrà.
Rimanendo sulla piena attualità, con Giorgia Meloni -non ancora, ma lo diamo per scontato visto i risultati elettorali, le dichiarazioni dei partiti e tutto ciò che si sta muovendo in questi giorni!- Presidente del Consiglio e Silvana Sciarra Presidente della Corte Costituzionale, sono già 2 su 5 le donne che presidiano le più alte e prime cariche dello Stato.
Non esiste una vera e propria gerarchia formale istituzionalizzata tra le cariche dello Stato italiano , non esiste quella che in USA si chiama “linea di successione”, ma esiste in maniera diciamo informale, sebbene da tutte le autorità riconosciuta, una scala di importanza di origine protocollare, per gli eventi e le cerimonie, adottata ed adottabile con tranquillità.
La prima carica dello Stato è certamente il Capo dello Stato, per nome sarebbe da dirsi, cioè il Presidente della Repubblica. Oggi è Sergio Mattarella, per così dire confermato a gennaio di questo anno per un secondo mandato, che scadrebbe quindi a gennaio 2029. Restando sul tema, durante il suo mandato Mattarella ha nominato tre giudici della Corte Costituzionale, di cui una donna (la professoressa avvocata Emanuela Navarretta).
La seconda carica dello Stato si individua nel Presidente del Senato poiché questa è la carica che supplisce al Presidente della Repubblica in caso di suo impedimento o decadenza o impossibilità a svolgere le funzioni. Per prassi infatti partecipa in maniera discreta alla elezione del nuovo Capo dello Stato, onde evitare speculazioni sui propri conflitti di interessi. Ma essendo prassi non vi è -e non vi è stata- alcuna violazione nel caso in cui un/una Presidente del Senato marchi la propria presenza, come infatti è stato, anche con qualche sgarbo se è lecito rilevarlo, a gennaio 2022.
La nomina del/della Presidente del Senato spetta all’aula stessa, a senatrici e senatori: saranno di nuovo dell’idea di nominare una donna? Donna era chi ha rivestito la carica negli ultimi 5 anni, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Donna potrebbe essere chi la ricoprirà a partire da settimana prossima (le Camere sono convocate giovedì 13 ottobre alle 10:30), anche per dare un segnale politico dopo che le elezioni hanno registrato un abbassamento della media di donne elette tra i Parlamentari (se nella scorsa XVIII Legislatura erano il 35%, ora siamo al 31%, il primo calo da 20 anni a questa parte).
La terza carica dello Stato è individuata nel Presidente della Camera dei Deputati, ciò perché per molti versi la Costituzione lo parifica al Presidente del Senato. A questi come detto è accordato il ruolo di facente funzioni del Capo dello Stato in caso di suo impedimento, mentre al Presidente della Camera è riconosciuto il ruolo di Presidente del Parlamento in seduta comune, proprio in perfetto bilanciamento. Nella storia del nostro paese solo 3 sono state le donne Presidente della Camera, ma per periodi anche non brevi: Nilde Iotti per più legislature dal 1979 al 1992, Irene Pivetti per la breve XII legislatura 1994-1996, più recentemente Laura Boldrini nella XVII Legislatura dal 2013 al 2018. Sarà la volta di una quarta Presidente donna della Camera dei Deputati?! Le motivazioni sono simili a quelle esposte a favore di una donna Presidente del Senato, oltre alla agibilità politica, che da sempre, per prassi e per il fatto di essere non la seconda ma la terza carica dello Stato, la carica Presidente della Camera sempre ha avuto e, a seconda della persona che la ha incarnata, sempre ha rivestito nel Paese e nei media. Forse potrebbe essere nei fatti davvero “l’altra donna in vista” nel nuovo quadro politico italiano.
La Presidenza del Consiglio è la quarta carica dello Stato, e per l’appunto diamo per scontato (sarebbe ormai sconvolgente non accadesse!) sia Giorgia Meloni a ricoprirla. “Una donna”, per sua stessa nota rivendicazione in piazza. Chissà se saprà fare largo alle donne, appunto, anche presso le altre alte cariche dello Stato per cui può battersi ora.
Infine, ma pur sempre al quinto posto di questa non giuridica ma forse più politica, certamente volgare (nel senso di utilizzata nei discorsi informali), scala gerarchica vi è la Presidenza della Corte Costituzionale, che ben sappiamo ora essere in capo ad una donna.
Forse possiamo già rattristarci al fatto che a novembre 2023 scadrà il mandato della donna Silvana Sciarra, e che ci vorrà del tempo prima che una altra donna possa assurgere alla carica: dopo la stessa Sciarra si è dovuto attendere la anzidetta nomina nel 2020 del Presidente Mattarella di Emanuela Navarretta per ritrovare una donna. Non resta che confidare allora che, allorquando Sciarra scadrà a novembre dell’anno prossimo, Meloni dia il proprio imprinting di donna anche su questa importante nomina.
Tante le sfide proprio al femminile che Donna Meloni già attendono: la nomina dei -o delle?!- Presidenti di Camera e Senato e poi del -o della- giudice costituzionale. Saprà mostrare coi fatti che anche il colore delle nomine, il loro genere, è capace di mandare un messaggio politico forte e chiaro?! Lo scopriremo molto presto.
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