Le popolazioni di Rotzo e di Stoccareddo (frazione di Gallio) presentano un livello di colesterolo più basso della media. Non basta, però, trasferirsi nei suggestivi abitati dell’Altopiano dei 7 Comuni per risolvere i propri problemi di colesterolo, perché più che una questione di luoghi è una questione di Dna.
E’ questo uno dei risultati del progetto di ricerca genetica sugli isolati geografici di Stoccareddo e Rotzo promosso dalla Fondazione Malattie Rare Mauro Baschirotto Onlus e realizzato dal prof. Paolo Gasparini dell’Università di Trieste con il suo team di ricerca e la collaborazione del team di archeologi delle Università di Padova, Sassari, Augsburg sotto la guida del prof. Armando De Guio.
Gli esiti del progetto sono stati presentati questa mattina nella sala Consiglio della Provincia di Vicenza dai ricercatori, gli archeologi e i biologi che hanno condotto le ricerche. Presenti anche il presidente Francesco Rucco a fare gli onori di casa a nome della Provincia, Giuseppe Baschirotto e Anna Albarello, anima e cuore della Fondazione Baschirotto, i sindaci di Gallio Emanuele Munari e Rotzo Lucio Spagnolo, un gruppo di studenti del liceo Lioy di Vicenza, indirizzo scienze applicate, accompagnati dalla dirigente scolastica Rossana Eberle con cui la Fondazione Baschirotto già collabora per la divulgazione scientifica.
Il progetto, iniziato nel 2002, studia le caratteristiche comuni in una popolazione rimasta nel tempo omogenea. E’ il caso dei Baù, da generazioni presenti a Stoccareddo tanto che, come ha ricordato il sindaco Munari, la squadra di calcio per molti anni era composta da soli Baù. Grazie a dati clinici e biologici sono stati ricostruiti i tratti comuni ed è stata tracciata una storia genetica che ha delle ricadute sulla salute dei nostri giorni.
Non solo, ma incrociando i dati genetici con le scoperte archeologiche è stata sottolineata la fase pre-romana nella storia genetica dell’Altopiano, riportando indietro di oltre due millenni le radici culturali e genetiche degli abitanti rispetto alla data della colonizzazione cimbra (post 1100 d.C.). E scoprendo che l’Altopiano dei Sette Comuni ha avuto un ruolo centrale nella storia europea già nella seconda età del Ferro (dal VI-V sec a.C. circa).
Il progetto è ancora in corso e anzi c’è la volontà di interessare altre aree dell’Altopiano dei Sette Comuni.
La relazione della Fondazione Malattie Rare Mauro Baschirotto.
La Fondazione Malattie Rare Mauro Baschirotto Onlus., nell’ambito delle sue attività di diagnosi, assistenza e ricerca delle Malattie Rare nell’Altopiano di dei Sette Comuni e grazie alle informazioni ricevute da alcuni medici del territorio, ha individuato alcune località con caratteristiche riconducibili a quelle di isolati genetico-geografici, in particolare i paesi di Stoccareddo di Gallio e Rotzo. Considerata l’importanza e l’attualità degli studi di popolazione isolata ha avviato uno specifico progetto di ricerca con i propri ricercatori e con il team di ricerca del prof. Paolo Gasparini dell’Università di Trieste.
Il Progetto è iniziato nel 2002 ed è tuttora in corso con la prospettiva di allargarlo ad altre aree dell’Altopiano.
Il gruppo di ricerca al quale hanno partecipato medici biologi ricercatori e volontari si è recato a Stoccareddo e a Rotzo in molte missioni ed ha effettuato visite mediche con la misurazione della pressione e valutazione dei principali parametri auxologici nonché la raccolta di campioni biologici, dei dati clinici, dei dati anagrafici e degli alberi genealogici.
Tutti questi dati sono stati elaborati dai ricercatori della Fondazione BIRD (in particolare dottoresse Paola de Gemmis, Daniela Segat, Paola Cattelan, Marina Da Meda).
Gli esami ematochimici sono stati effettuati principalmente presso il Laboratorio Analisi dell’Azienda Ospedaliera ULSS7 Bassano/Asiago, mentre il DNA è stato estratto presso il Laboratorio di Genetica dell’Istituto BIRD per studi di biologia molecolare.
Recentemente è stato possibile effettuare analisi genetiche più complesse con la collaborazione del Prof. Paolo Gasparini e i suoi ricercatori (in particolare i Dott. Massimo Mezzavilla, Massimiliano Cocca, Margherita Francescatto), i quali ci hanno fornito ulteriori interessanti dati e informazioni sul DNA ancestrale.
I risultati dello studio, confermati dall’articolo scientifico appena pubblicato nella rivista “American Journal of Biological Anthropology” dal titolo: Genetic Characterization of two North Italian villages: A story of isolation, ancient admixture, and genetic drift” hanno importanti ricadute per la Ricerca Genetica, Antropologica e Storica, ma anche per la salute della popolazione. La ricerca ci ha fornito dati e informazioni sul DNA ancestrale, studiando le caratteristiche genetiche di 800 persone. L’analisi dei dati genomici ci ha permesso di studiare il livello di isolamento di queste comunità analizzando quelle regioni che i genetisti chiamano (ROH), ovvero porzioni del genoma in cui la parte paterna e materna sono uguali. La disponibilità di genomi antichi da precedenti studi ha poi permesso di studiare il tempo di mescolamento di specifici geni negli antenati degli individui di queste due comunità. Infine, abbiamo esaminato l’effetto dell’isolamento genetico su specifiche varianti legate al metabolismo dei lipidi.
I risultati ottenuti hanno evidenziato un diverso livello di isolamento tra le due comunità in cui Rotzo mostra valori più alti di isolamento. Tuttavia, analizzando la variabilità del cromosoma Y (ereditato per sola parte paterna) e di quello del DNA mitocondriale (ereditato per sola parte materna) abbiamo potuto notare come ci siano delle discrepanze nel fatto che è Stoccareddo ad avere la minore variabilità del cromosoma Y rispetto a quella del DNA mitocondriale. In Stoccareddo la maggior parte degli individui maschi porta lo stesso aplotipo sul cromosoma Y che viene denominato J2a1, un aplotipo presente in popolazioni Neolitiche dell’Anatolia e che attualmente è presente in tutto il bacino del Mediterraneo
Utilizzando diverse fonti, si può affermare che il tempo di mescolamento per gli antenati di queste due popolazioni sia compreso tra 113 e 88 generazioni fa. Abbiamo scoperto un livello significativo di flusso genico dalle popolazioni del Nord Europa dai genomi dell’età del Bronzo e del Ferro (II e I millennio a.C.) nel genoma degli antenati delle popolazioni di Rotzo e Stoccareddo.
I risultati concordano pienamente con quanto sta emergendo dagli scavi e dalle ricerche condotti nel corso degli anni dagli archeologi nel sito del Bostel a Castelletto di Rotzo. Tali studi hanno infatti permesso di identificare un villaggio composto da numerose casette seminterrate, con cortili, terrazzamenti, magazzini e spazi per gli animali e le coltivazioni. L’insediamento doveva essere naturalmente difeso dagli impervi pendii che si affacciano lungo le valli dell’Assa e dell’Astico, ma aveva anche un imponente muro di cinta sul lato settentrionale, che però non dev’essere stato sufficiente a proteggere il villaggio dalla conquista romana, quando venne distrutto da un incendio. Le annuali campagne d’indagine condotte prima dall’Università di Padova (Prof. Armando De Guio) e ora dall’Università di Sassari (dott. Luigi Magnini) in collaborazione con l’Università di Augsburg – Germania (dott.ssa Cinzia Bettineschi) hanno mostrato una primissima frequentazione durante l’età del Bronzo (II millennio a.C.), mentre la fase principale del villaggio è stata datata alla seconda età del Ferro (dal VI-V sec. a.C. circa).
Questi dati, ulteriormente confermati dalle analisi genetiche condotte, contribuiscono a sottolineare l’importanza della fase pre-romana nella storia genetica dell’Altopiano, riportando indietro di oltre due millenni le radici culturali e genetiche dei suoi abitanti rispetto alla data della colonizzazione cimbra (post 1100 d.C.), che pur ha lasciato una traccia indelebile nelle tradizioni, nei toponimi e nella lingua locale.
Questa storia genetica ha delle ricadute sulla salute dei nostri giorni, perché le due comunità presentano livelli di colesterolo significativamente più bassi rispetto ad individui che vivono in aree limitrofe come quelle del Friuli-Venezia Giulia. Questo dato si spiega con l’assenza in Rotzo ed una frequenza bassissima in Stoccareddo (1%) di una variante di rischio del DNA nel gene MCUB, che è coinvolto appunto con i diversi tratti lipidici. Questa variante di rischio, correlata ad un elevato livello di colesterolo, si trova nel 2% in Europa e nel 2,4% degli abitanti del Nord-Est Italia.
Questi risultati mostrano l’importanza dell’integrazione tra discipline molto differenti come l’archeologia, l’antropologia, la genetica molecolare, nel definire, grazie anche all’utilizzo di tecnologie avanzate, la storia passata dei nostri antenati e le ricadute che questa storia, grazie a fenomeni di selezione naturale e deriva genetica, comporta ancora oggi nel definire aspetti fondamentali della nostra vita ad iniziare dal nostro stato di salute.
Tale risultato, tuttavia, non ci permette di capire perché alcuni individui abbiano comunque un alto livello di colesterolo, pur non avendo la variante di rischio citata. Un’analisi più dettagliata basata su nuove tecnologie che permettono di sequenziare l’intero genoma e anche verificare il livello di espressioni di geni specifici potrebbe fare luce su questo aspetto.
c.s
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