Una unica federazione di stati da Lisbona a Vladivostock? Quanto costa sognare?
E quale è il prezzo di un sogno capace di cancellare guerre e affermare diritti e libertà?
Se anche solo il sogno di unire in una unica federazione di Stati, dall’Atlantico agli Urali, fosse possibile: fino a che punto vi battereste?
Fino alla morte, si osa dire, se si parla di Altiero Spinelli e Mikhail Gorbaciev, uniti assieme da una mera casualità, capace forse di sussurrarci una riflessione, di aprire una breccia di luce in questa Europa su cui oggi sembrano essere calate nuove ombre, grigie, quasi di nuovo “di ferro”.
“Vi ringrazio di avermi invitato qui, in uno degli epicentri della politica europea e dell’idea di Europa. Possiamo senz’altro considerare questo incontro come una ulteriore conferma del fatto che il processo paneuropeo è una realtà e continua ad andare avanti. […] Non possiamo sottrarci alla necessità di fare tutto ciò che è alla portata della nostra ragione, perché l’uomo possa anche in futuro adempiere il tuolco che gli è riservato su questa Terra, e forse nell’Universo. Perché egli possa adattarsi ai nuovi stress della vita contemporane e vincere la lotta per la sopravvivenza delle generazioni presenti e future.
Ciò è vero per tutta l’umanità. Ma per l’Europa tre volte di pi§: sia nel senso della responsabilità storica, sia nel senso della gravità e dell’urgenza dei problemi e dei compiti, sia nel senso delle sue possibilità.
La peculiarità della situazione in Europa consiste nel fatto che il nostro continente può far fronte a tutto questo, può rispondere alle speranze dei propri popoli ed assolvere il proprio dovere internazionale nella nuova fase della storia mondiale, solo riconoscendo la propria integrità e traendo da ciò le giuste conclusioni.”
Di chi potrebbero essere queste parole? Quando sarebbe potuto essere stato pronunciato questo discorso? Oggi, ieri, dieci, venti, trenta anni fa? Da una donna, da un uomo, da un Capo di Stato di uno Stato Membro dell’Unione Europea, da un sognatore dell’Europa unita in una qualche forma, da un leader europeo di oggi, magari della Commissione Europea?
Queste sono le parole iniziali del discorso di Mikhail Gorbaciov, il 6 luglio 1989, all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, in cui dava ulteriore spiegazione della sua visione prospettica geopolitica dal nome “la casa comune europea”.
Già da alcuni anni, non appena assunta la guida suprema dell’URSS (11 marzo 1985), tra le tante politiche, Gorbaciov aveva manifestato questo indirizzo verso un nuovo rinnovato e pacifico dialogo tra la Russia e l’allora costituendosi Unione Europea (il 17 febbraio 1986 venne firmato l’Atto Unico Europeo, conferma rinnovata e aggiornata dei Trattati di Roma del 1951).
Quel discorso sancì su pietra uno dei possibili scenari di prospettiva di lunga visione per l’Europa: non ancora uscita dalla “guerra fredda”, eppure alcuni leader osavano già immaginare un’Europa unita, dalle spiagge portoghesi sino alle pendici degli Urali, e forse più.Che casualità, che scherzo del destino. Eppure l’occasione è ghiotta per non rivelare un collegamento tra Altiero Spinelli e Mikhail Gorbaciov.
Altiero Spinelli, uno dei padri fondatori e forse il primo e più grande sognatore dell’Europa unita, nacque a Roma il 31 agosto 1907 (ed ivi morì il 23 maggio 1986).
Il 30 agosto, ma di questo 2022, è morto Mikhail Gorbaciov, ultimo Segretario Generale del Partito Comunista Sovietico ed ultimo Presidente dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS), Premio Nobel per la Pace nel 1990.
La storia non andò allora di certo né come Spinelli avrebbe potuto sperare né come Gorbaciov aveva osato tratteggiare. Forse non la conosciamo, è troppo recente (e quindi chi la studia a scuola?!), ma tutte e tutti in questi ultimi 6 mesi abbiamo imparato a conoscere i nomi di Kyiv (e non Kiev: non è russa, ma ucraina), Vlodomir Zelensky, Zaporizhzhia, nonché a sentir ripetere i già arcinoti Dmitrij Medvedev e Vladimir Putin. Li ascoltiamo, tragicamente, ogni giorno e ogni sera, sfogliando il giornale, scorrendo lo schermo e ascoltando il tg.
Nomi che evocano uno scenario di guerra, di morte, di pericolo non solo per la ingiustamente invasa Ucraina ed il popolo ucraino (denso come ciascuno dei popoli europei di differenze culturali, religiose anche di popoli stessi), ma anche per l’Europa tutta. Al punto che siamo ad ascoltare e a chiederci se l’Europa, l’Europa unita, abbia senso e ragione, se essa abbia la forza e la capacità di reagire all’invasione russa. Si parla di necessità di fare la guerra, di muovere armi e bagagli contro un esercito inequivocabilmente invasore (e menzoniero, ca va sans dire).
E se invece la soluzione la avessimo già davanti agli occhi e nelle nostre mani? E se la soluzione fosse quella indicata -con sfortuna sì, in allora, ma oggi quanto mai appare profetica!- da Gorbaciov? Una “casa comune europea”, che metta sotto un unico tetto popoli e stati differenti, forti delle e uniti nelle proprie diversità, così come da motto europeo.
Stiamo assistendo a “quanta roba arriva dall’Ucraina”: gas, cereali, minerali preziosi, e altro ancora. E se da un parte c’è chi rivendica quella terra come “la patria natia originaria” e chi afferma “la forza dello Stato di Diritto”, è anche pur vero che non troppo in ultimo piano risiede anche il valore strategico di un territorio fruttifero di risorse quale è quello ucraino, oggi più che mai.
E non è forse una rinnovata e rivisitata “Alsazia e Lorena” oggi l’Ucraina?!
E’ davvero difficile, quasi impossibile, immaginare come si possa oggi, domani, arrivare ad una Federazione Europea di Stati capace di includere sotto un unico ombrello i 27 di oggi ed anche Mosca. Serviverebbe qualcosa di simile ad una rivoluzione, quantomeno certamente del pensiero!
E cosa è stata se no quella che portò all’istituzione delle Comunità Economiche Europee? Quella che portà alla sigla dei primi trattati di collaborazione tra Stati negli anni ’50?
Eppure solo pochi anni prima la tragedia immane della Seconda Guerra Mondiale, che devastò l’Europa, i suoi Stati ed i suoi Popoli.
Potremo oggi essere capaci di evitare nuove tragedie e sederci subito ad un tavolo per cominciare a disegnare ciò che la Storia e Grandi Uomini, come Spinelli e Gorbaciov, hanno già tratteggiato in parole e lettere anni addietro? Un’Europa unita, una federazione di stati che collaborano e dialogano, senza confini armati, capaci di affrontare e assieme risolvere i problemi dell’oggi che sempre nuovi (e forse, appunto, sempre gli stessi ma sotto nuove forme) si porranno sul tavolo?
Non è la guerra né quale guerra, o la pace né quale pace a doverci interrogare. Oggi dovremmo interrogarci se siamo in grado di assolvere al ruolo che la Storia ha già riservato per noi: essere la generazione e il tempo storico capace di scrivere la parola fine definitivamente alla guerra in Europa. E la soluzione la conosciamo già, da 70 anni: si chiama Unione Europea.
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