Damiano sabato alle 13.24 era lì con un amico, a poca distanza dall’Altar Knotto, il luogo dove si è consumata la tragedia. Ha visto e sentito la disperazione di Sara la ragazza di Andrea Mazzetto e con lei ha allertato e atteso i soccorsi.
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Ieri, con il cuore ancora sconvolto Damiano ha sentito il bisogno di raccontare quei minuti strazianti pubblicando su Facebook una lettera al povero Andrea che, pubblichiamo integralmente.
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“Non conoscevamo nulla di voi e della vostra vita di prima, ma il fato ha voluto che sabato, alle 13:24, a pochi minuti dall’Altar Knotto, Enrico e io sentissimo il grave e definitivo momento in cui il tuo corpo, sbattendo sulla roccia sottostante, lasciava andare il tuo fiato vitale.
E parimenti, siamo stati chiamati a fare nostre le grida strazianti e disumane di Sara, che aveva assistito impotente alla tua caduta, e che consegnavano alla valle le urla amplificate dall’eco che non eravamo pronti a sentire: “Aiuto, Andrea è caduto”.
Il fiato tuo che se n’era andato, il fiato di lei lacerato, il fiato nostro, spaventato e corto, mentre chiamavamo i soccorsi, cercavamo di raggiungerla, e urlavo “Chi ha urlato? Dove sei?”.
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Non conoscevamo nulla di voi e della vostra vita di prima, ma abbiamo conosciuto il fiato rotto mentre lei ci raccontava, tremante e in lacrime cos’era successo, mentre sia io che lei eravamo al telefono con la sua famiglia, i pompieri, il soccorso alpino, l’ospedale.
Il tuo fiato se n’era già andato, Sara continuava a dirlo, mentre io, da lassù, ti urlavo di non mollare, perché i soccorsi stavano arrivando.
E poi, dopo una manciata di minuti, è stato il fiato concitato del soccorso alpino, quello dei pompieri e, infine, quello gelido, assordante e impetuoso dell’elicottero, che quando si avvicinava ci obbligava a stringerci tutti assieme, per proteggerci, per ripararci, mentre anche i nostri fiati si mescolavano a quello singhiozzante di Sara.
Non conoscevamo nulla di voi e della vostra vita di prima, ma abbiamo conosciuto il dopo, quando il tuo fiato – ma ancora non lo sapevamo – se n’era già andato, portando via con te anche una parte del fiato di Sara, di chi ti ha voluto bene e di chi, come noi, era lì in quel momento e, pur non sapendo nulla di te, sperava in un improbabile miracolo.
Al di là delle elucubrazioni e delle lapidarie sentenze di chi ha inutilmente e con leggerezza scritto, questo è stato sabato: il sacro e tragico momento che ha segnato la fine della tua esistenza, lo strazio di chi ti amava, la sofferenza di noi, altri esseri umani, lì presenti. Il resto, non importa.
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“Siamo fatti di fiato”, mi hanno ricordato tempo fa, fragili, precari, tenuti qui “con niente”.
E quando qualcuno di noi se ne va, se pur in modo assurdo, quello che possiamo fare è ri-prendere consapevolezza della nostra umanità e stringerci attorno a chi – sgomento e lacerato – resta, per dargli una carezza, un abbraccio, un po’ di fiato, perché quello che aveva non lo ha più.
Riposa in pace, Andrea.
E, se puoi, riporta un po’ di fiato a chi ti ha amato”
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-Damiano
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