Che c’entra il Centro? che obiettivo centrerà?

1 a 0, palla al centro: i tre leader del centrodestra spingono i piccoli partiti moderati ad unirsi. Ora tocca a questi dimostrare di valere più del 3%.

Trovato l’accordo nel “centro moderato” di centro destra. Un punto di accordo significativo per una area di cui tanto si parla da tempo ma la cui consistenza ad ogni tornata elettorale è da verificare.

Vuoi per la legge elettorale, vuoi perché le coalizioni polarizzano il voto, ed il centro di per sé non può certo polarizzare, vuoi perché il centro ha la nomea di “palude”, vuoi perché è forse l’area politica dove i leader negli ultimi anni sono cambiati più spesso.

Ma forse per una volta non servono analisi troppo dilungate, guardiamo ai fatti. Luigi Brugnaro, il Sindaco di Venezia, con il suo movimento “Coraggio Italia”, ha aderito al cartello elettorale dei moderati di centro destra, assieme a Maurizio Lupi leader di Noi con l’Italia, Giovanni Toti di Italia al Centro e Lorenzo Cesa dell’Unione di Centro.

Si è giunti a questo risultato un po’ per scelte dei leader, un po’ per la legge elettorale e le conseguenti strategie.

Esisteva già da alcuni giorni il simbolo della lista unitaria di Toti e Lupi, pronti e accordatisi per correre insieme.
Così come esisteva già quello della lista unitaria di Brugnaro e UDC.
Galeotti devono essere stati gli ultimi sondaggi, che assegnavano percentuali assai basse (e forse un po’ inclementi) a entrambe le le liste, e su questo i tre leader dei partiti principali del centrodestra (Meloni, Salvini, Berlusconi) hanno fatto leva per farle aggregare.

La strategia è chiara, ovvia e comprensibile. La legge elettorale prevede che in una coalizione (che come minimo deve raccogliere il 10% dei voti) prenderà seggi ogni lista che raggiungerà il 3% (a livello nazionale).
Se una lista in una coalizione consegue un risultato tra l’1% e il 3%, quella lista non ottiene seggi ma quei voti vengono ripartiti sulle altre liste della coalizione. Tradotto: non vanno persi (cosa che accadrebbe se una lista si presentasse da sola e ottenesse meno del 3%).
Invece se una lista, anche in coalizione, prende meno dell’1% dei voti, allora quei voti sono perduti. Ecco il vero timore dei leader del centrodestra: che le due liste da sole conseguano meno dell’1% singolarmente, mentre unite assieme la soglia dell’1% è certamente alla portata (o se non la si raggiungesse, beh, allora le leadership dei partiti del centrodestra moderato vacillerebbero non poco!).

“Ma l’1% mica è tanto, è poco!” direte voi. Eh, mica tanto, signora mia.
Nei collegi uninominali-maggioritari basta anche solo 1 voto più di chiunque altro per conseguire 1 seggio parlamentare. 221 tra Camera (147) e Senato (74) sono i seggi uninominali: tra conquistarne 100 o…130 -per dire un numero vicino ma credibile e alla portata- potrebbe davvero bastare 1 voto in più in alcune circoscrizioni, almeno quelle in bilico, giudicate contendibili.

Così come per i seggi proporzionali: anche su quelli ci si gioca non poco del futuro quadro parlamentare.
Con il taglio dei Parlamentari (da 945 a 600, ora 400 alla Camera e 200 al Senato) 1 solo parlamentare oggi vale molto più di ieri: si parla di Presidenze delle Commissioni e guida dei lavori. Lo scenario del pareggio, stando ai sondaggi, appare davvero improbabile, ma ad inizio di questa strana legislatura, con tre grandi gruppi parlamentari ma nessun vincitore, la composizione delle commissioni ha portato a un frequente cambio delle Presidenze, anche delle Commissioni Speciali e di Vigilanza (non ci ricordiamo la querelle sulla Presidenza del Copasir? Proprio Lega e Fratelli d’Italia ci litigarono furiosamente e a lungo!).

Insomma, ogni voto è importante, ed è vero, che si sia dati perdenti come vincitori.
Il nuovo simbolo della lista unitaria dei “moderati di centro destra” non è certo un capolavoro della grafica moderna, ma tutto sommato ciò che importa per quella parte politica è traguardare l’1% e superare la soglia del 3%. E poi, del domani si vedrà: la lista avrà un gruppo parlamentare, ma abbiamo già visto che da lì ad avere un unico partito ne corre eccome.

 

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