Il 29 luglio 1976 nacque il Governo Andreotti III: primo governo di “quasi” unità nazionale, dove per la prima volta sedeva anche una donna come Ministro.
Italia, 1976: nel pieno degli Anni di Piombo e della contestazione (non solo) giovanile, il terremoto del Friuli a maggio, in un mondo che si trovava appena uscito dalla crisi petrolifera e dalla Guerra in Vietnam, le elezioni politiche nazionali del 1976 -da ricordare anche perché le prime in Italia col voto ai diciottenni!- segnarono una conferma per la Democrazia Cristiana (stabile attorno al 38%) e un significativo aumento di consensi per il Partito Comunista Italiano, che dal 27% delle elezioni del 1972 segnò un ragguardevole 34%, segnando la propria capacità di insidiare il primato democristiano.
All’indomani dell’esito delle elezioni ci si ritrovò a dover fare i conti sia coi risultati politici sia con la situazione sociale.Che il PCI avrebbe ottenuto un buon risultato era un dato eccome nell’aria, basti pensare che fu proprio durante quella campagna elettorale che Indro Montanelli -riadattando l’invito originario emesso da Gaetano Salvemini avverso la “legge truffa” del 1953- pronunciò il singolare appello al voto “turiamoci il naso e andiamo a votare DC”, ritenuto dallo stesso Enrico Berlinguer il più efficace slogan mai pronunciato contro il PCI.
La coalizione di centro-sinistra aveva ormai perso mordente e affiatamento, il Partito Socialista Italiano aveva perso motivazione a farne parte, e così la nuova formula politica, già avanzata e teorizzata da tempo da uno dei leader della DC Aldo Moro attraverso la “strategia dell’attenzione” (annunciata al Congresso DC del 29 giugno 1969), potè prendere campo e realizzazione: un governo nazionale a cui in qualche modo anche il PCI prendesse parte.
E’ per Moro la cosiddetta la “terza fase”, cioè il PCI prende parte ad un governo nazionale assieme alle forze democristiane e non solo, accreditandosi quale attorne credibile e affidabile, anche sul piano internazionale, in vista di una “quarta fase” della democrazia italiana, ove DC e PCI davvero corrono competendo alla pari, ossia potendo davvero entrambi vincere le elezioni e governare quali assi di una coalizione di governo, ponendo fine al “bipartitismo imperfetto” (espressione di Giorgio Galli) all’italiana.
In concreto, il 29 luglio 1976 nacque il terzo Governo Andreotti, detto anche della “non sfiducia”, una formula nel fascinoso politichese della prima repubblica, che voleva dire: “quella che da sempre è stata maggioranza nel Paese e in Parlamento non ha più i numeri per avere un proprio Governo, allora il PCI non vota contro ma si astiene, permettendo la nascita del Governo”.
Ed infatti alla Camera il PCI si astenne dal voto di fiducia ed al Senato uscì dall’Aula (al Senato l’astensione fino a pochi anni fa equivaleva ad un voto contrario), consentendo la nascita del Governo Andreotti III.
Era la prima volta dal 1945 che il PCI entrava, in qualche modo e seppur indirettamente, nella formula di governo della Repubblica Italiana.
Il piano di lungo respiro e traguardo di Moro purtroppo si spense nemmeno 2 anni dopo in Via Fani il 16 marzo 1978 (o in Via Caetani il successivo 9 maggio), ma allora nessuno mai avrebbe potuto pensare a un attacco così al vertice o così al cuore dello Stato.
Almeno altri due sono gli atti significativi rilevanti di quell’inizio di Legislatura e di Governo.
Il primo, in ordine di tempo, è l’elezione a Presidente della Camera del noto esponente comunista Pietro Ingrao. E’ il riconoscimento appunto del balzo elettorale (e sociale) del PCI nel Paese. Da allora la presidenza della Camera rimase al PCI sino al 1992, per prassi consolidata (nel diritto parlamentare la prassi equivale pressoché alle regole stesse).
Inoltre, ed ecco forse davvero l’elemento più significativo, per la prima volta nella storia della Repubblica a ricoprire l’incarico di Ministro vi era anche una donna: Tina Anselmi.
Anselmi, veneta di Castelfranco, era stata partigiana durante la Resistenza, nome di battaglia “Gabriella” nel segno dell’arcangelo Gabriele, esponente della DC sin dalle sue origini, già Sottosegretario di Stato al Lavoro e alla Previdenza Sociale proprio nel Governo Anddreotti III andò a ricoprire la massima carica politica del medesimo Dicastero. È stato un evento epocale, il riconoscimento della dignità femminile di ricoprire, finalmente, anche questa carica.
Nel 1977 Anselmi fu la prima firmataria della legge per la parità salariale e parità di trattamento sui luoghi di lavoro.
Nel 1978, col Governo Andreotti IV “della solidarietà nazionale” (che entrò in carica il giorno stesso del rapimento di Aldo Moro), ricoprì l’incarico di Ministro della Sanità (incarico mantenuto anche nel Governo Andreotti V), da cuì scrisse e fece approvare la legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (del 23 dicembre 1978) nonché la “Legge 194” (del 22 maggio 1978) per l’interruzione volontaria della gravidanza.
Successivamente nel 1981 a Tina Anselmi venne proposto (e lei accettò) il gravoso incarico di Presidente della Commissione d’Inchiesta Parlamentare sulla Loggia P2 dalla allora divenuta Presidente della Camera dei Deputati Nilde Iotti (PCI).
La Commissione concluse i suoi lavori nel 1985 e certamente questo incaricò costò ad Anselmi il prosieguo della propria carriera politica nazionale.
Se certamente le elezioni del 1976 segnarono un grandissimo risultato per il PCI, che però ancora non era maggioritario nel Paese, certamente segnarono il primo di tanti buoni e significativi eventi per quella che da tempo era ed è “la vera maggioranza del Paese”: le donne.
Sia concesso allora oggi dire “Viva Tina Anselmi, nel segno della presenza delle donne in politica”.
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