I primi giorni di agosto di quest’anno saranno ricordati come quelli della transumanza delle
vacche da latte di Malga Serona, realtà gestita dal 2013 dalla famiglia Nicoli, parte del
Giro delle Malghe del Comune di Caltrano, ai piedi dell’Altopiano.
La demonticazione, ovvero il trasferimento dei capi dai pascoli in quota alla pianura,
arriva con due mesi d’anticipo (in Altopiano è prevista tradizionalmente a fine settembre),
dopo il via libera dai forestali, e la ragione è presto spiegata: manca acqua.
Le condizioni climatiche e ambientali sono sfavorevoli per procedere la stagione con
le vacche da latte. “L’assenza di pioggia e la scarsa neve di questo inverno (che non ha
permesso di generare scorte di acqua) hanno portato a un consumo eccessivo del cotico
erboso – spiega Davide Nicoli, classe ’90, gestore malghese -: la vacca mangia un’erba
che, a causa della scarsità di acqua, dell’eccessivo sole, del troppo vento, non riesce a
ricacciare, ovvero ricrescere. Tutto, nella stagione estiva, dipende da un pascolo fertile, da
pozze d’acqua piene, dai fiori che crescono, elementi che quest’anno non abbiamo”.
Se, a questo, aggiungiamo un terreno carsico, privo di fonti d’acqua superficiali,
l’esposizione a valle completamente al sole, le temperature elevate, il ritorno delle vacche
in pianura si fa inevitabile.
Acqua è vita
“L’acqua è elemento vitale – prosegue Elena Valleriani, Dott.ssa in Scienze delle
produzioni animali -. La pioggia che, per definirsi tale in agricoltura, deve arrivare almeno a
5 mm per poter essere minimamente efficace per le colture, è importante non solo per il
pascolo, non solo per le pozze d’alpeggio, ma anche per la gestione delle deiezioni
zootecniche. I bisogni fisiologici degli animali rilasciano azoto nell’ambiente, utile per
concimare ma, senza acqua che ne aiuterebbe l’assorbimento e la diluizione, scatena
l’effetto miccia, ovvero la bruciatura prematura del pascolo”.
In queste settimane la famiglia Nicoli, anche a causa del mancato allacciamento
all’acquedotto, ha dovuto risolvere l’approvvigionamento idrico con il trasporto di cisterne
d’acqua in malga per poter abbeverare le vacche che, di fronte simili temperature, ne
richiedono un maggior quantitativo.
Produzione di latte e dintorni
“Ci siamo presto accorti del calo nella produzione di latte – commenta Davide -. Dai 12
quintali al giorno (ottenuti da due mungiture), siamo già arrivati a 8. Cala, in proporzione,
anche la produzione di formaggio e la qualità. Riportare le vacche in stalla significherà per
noi un grande danno economico, arriveremo a perdere la produzione di due mesi, per una
media di 7 forme al giorno. Ma anche per i nostri capi non sarà facile: in quanto animali
abitudinari, vi saranno scompensi metabolici notevoli (stress da cambio di alimentazione,
di ambiente, di clima).
Il ritorno in stalla e le conseguenze
Da agosto le 52 vacche da latte – razza rendena per la maggior parte, ma anche pezzata
rossa italiana, qualche individuo frisone e qualche meticcio – rientreranno, così, in stalla a
Bressanvido, nella nella Nicoli & Pozzato Società Agricola Semplice.
Torneranno a mangiare la loro razione invernale, ma a temperature a cui non sono
abituate. “Stiamo cercando di favorire le condizioni di benessere in stalla, ma non siamo
preparati a gestire questo caldo, in agosto, in pianura, in quanto la stagione estiva è
sempre stata in malga per noi” aggiunge il giovane gestore.
Quale il futuro?
Probabilmente in futuro simili realtà, come Malga Serona, dovranno cambiare approccio
all’allevamento. “Il clima sta cambiando, l’uomo ne è in parte fautore, e dobbiamo reagire –
aggiunge Elena -. Ma nelle piccole realtà, come le malghe, che si occupano del
mantenimento degli ecosistemi in montagna migliorando la biodiversità vegetale, che
tamponano il dissesto idrogeologico con la loro gestione, che mantengono vivo e pulito un
territorio, che rispettano e onorano la tradizione di un luogo, c’è maggior bisogno di
considerazione, di aiuto nella formazione, di tecnologie a supporto, di sostegno e tutela,
cose che, ad oggi, mancano”.
A conti fatti, se un’azienda media ha cento vacche in lattazione e, con queste, produce 35
litri di latte, di media, al giorno, per vacca, che vengono pagati 0,48 centesimi, significa
che per capo, al giorno, c’è un guadagno di 16,80€. Se al totale togliamo 8,50€ di
alimentazione per vacca/giorno, senza contare la manodopera, il gasolio, l’energia, la
situazione diventa tragica.
“Oggi bisogna guardare alla tradizione, ma senza aver paura dell’innovazione, anche
nell’approccio al lavoro – conclude Davide -. Si demonizza un settore, quello
dell’allevamento, incolpandolo di insostenibilità, e dimenticando che fa un grosso servizio
al territorio. Qui siamo chiamati tutti a consapevolizzarci e a un consumo minore, ma
migliore, dei prodotti alimentari per il bene nostro, dei nostri animali, dell’ambiente tutto”.
C. stampa
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