L’ospedale di Asiago ha attivato questa settimana una nuova specializzazione: il Centro di Riferimento regionale per la presa in carico dei pazienti affetti da linfedema. Si tratta del primo centro in Italia all’interno di un ospedale pubblico, con una dotazione di 4 posti letto afferenti all’Unità Operativa Complessa Recupero e Riabilitazione Funzionale.
Il linfedema è una malattia cronica disabilitante, che tende ad aggravarsi con il passare del tempo, relativamente poco conosciuta ma con una diffusione non trascurabile: in Veneto si stimano circa 3.000 nuovi casi l’anno.
“Con l’attivazione di questi posti letto – sottolinea il Direttore Generale dell’Ulss 7 Pedemontana Carlo Bramezza, che oggi ha visitato la struttura incontrando i primi pazienti in cura – diamo attuazione alla pianificazione regionale e creiamo all’ospedale di Asiago una struttura all’avanguardia, unica nel suo genere a livello nazionale, per la quale dunque prevediamo un afflusso di pazienti provenienti da tutto il Veneto e anche da fuori Regione. Proseguiamo così il nostro impegno volto a valorizzare il nuovo ospedale di Asiago anche a livello di servizi e professionalità, ma allo stesso tempo voglio sottolineare che questa non è un’iniziativa che riguarda solo l’Altopiano: si tratta al contrario di un progetto di rete, frutto di una stretta collaborazione interna a tutta l’Azienda.“
Il nuovo Centro si inserisce infatti nell’ambito di una rete più articolata di servizi messa in campo dall’Ulss 7 Pedemontana, come spiega il dott. Antonio Di Caprio, Direttore Sanitario dell’Azienda: “Sul territorio la presa in carico dei pazienti con linfedema è garantita a livello ambulatoriale nelle sedi di Bassano, Marostica, Santorso, Schio e Thiene per un primo inquadramento dei pazienti. Per eventuali approfondimenti diagnostici e per la definizione del protocollo terapeutico più appropriato è attivo inoltre un ambulatorio di secondo livello, presso l’ospedale di Santorso, mentre per l’attività di trattamento e riabilitazione in regime di degenza è stato appunto individuato il nuovo ospedale di Asiago”.
“L’attivazione dei posti letto dedicati al trattamento del linfedema medio grave all’interno del reparto di Recupero e Riabilitazione Funzionale dell’Ospedale di Asiago – sottolinea il suo Direttore, il dott. Mario Scapin – rappresenta senz’altro un motivo di soddisfazione per tutti noi ed un grande passo avanti sia per l’unità di Riabilitazione ma anche per tutta la Struttura Ospedaliera dell’Altopiano. Tale attività infatti, svolta all’interno del SSN, unica nel panorama della regione Veneto, e direi anche in Italia, dimostra ancora una volta la grande professionalità di tutto il personale operante all’interno della U.O.C. di RRF e la voglia continua di confrontarsi con aspetti sempre più innovativi nell’ambito della riabilitazione. Tale progetto rappresenta inoltre un esempio di stretta collaborazione tra gli Ospedali di Asiago e Santorso, ad ognuno dei quali è affidata una parte importante nella diagnosi e nella cura dei pazienti con tale patologia. Credo sia doveroso senz’altro ringraziare in primis la Direzione che ha creduto in questo progetto e nelle potenzialità della Struttura di Asiago, anche in questi anni difficili in cui la pandemia ha assorbito gran parte delle risorse. Un grande ringraziamento anche alla professionalità del prof. Belgrado e della dr.ssa Fontana che hanno permesso di portare a compimento un percorso davvero impegnativo.
Elemento caratterizzante del nuovo Centro presso l’ospedale di Asiago, che è rivolto ai malati con patologia di grado medio o grave, è un approccio di tipo multidisciplinare. Nel trattare questa patologia, infatti, fondamentale è la capacità di inquadramento completo del paziente, sia per individuare con precisione l’origine della patologia sia per definire un protocollo terapeutico e riabilitativo che è sempre personalizzato. Il tutto attraverso un’equipe composta da medico fisiatra, fisioterapista, coordinatore infermieristico, psicologico, dietista, infermieri e operatori socio-sanitari. In caso di necessità possono inoltre essere coinvolte anche altre figure specialistiche, quali il chirurgo vascolare, il vulnologo, l’infettivologo, il dermatologo, ma anche il tecnico ortopedico, il terapista occupazionale, etc.
Più in dettaglio, la valutazione prevede diversi esami: la misurazione del gonfiore ed un’ecografia, ma anche test più specifici come la misurazione dell’indice di Winsor (o indice API) per valutare eventuali controindicazioni rispetto al bendaggio e alla contenzione elastica; la termografia in caso di sospetto di sindrome della vena ascellare; la capillaroscopia se sono presenti eventuali problemi di microcircolazione. In caso di necessità può inoltre essere eseguita una linfofluoroscopia: questo esame innovativo prevede l’utilizzo di un mezzo di contrasto inerte per studiare in tempo reale la morfologia e la funzionalità del sistema linfatico superficiale, consentendo così allo specialista di acquisire informazioni utili per orientare sia la diagnosi che il trattamento.
“Il progetto riabilitativo – spiega la dott.ssa Silvia Fontana, responsabile scientifico del Centro – prevede la definizione di obiettivi già a breve termine, dunque raggiungibili anche durante il ricovero, che ha una durata media di due settimane. Di fatto in questo arco di tempo il paziente è sempre impegnato, alternando trattamenti per la decongestione dell’arto a sessioni di fisioterapia, ma anche sedute di terapia occupazione per consentire ai pazienti di recuperare un elevato grado di autonomia, imparando a svolgere le tipiche azioni di ogni giorno in modo compatibile con le loro limitazioni alla mobilità. Molto importante, in alcuni casi, è anche il supporto psicologico, così come l’educazione del paziente all’auto-trattamento, una volta dimesso: gli operatori sanitari illustrano quindi le pratiche corrette per l’igiene della cute, per l’auto-bendaggio e per praticare autonomamente il linfodrenaggio, senza dimenticare naturalmente l’importanza di proseguire anche a casa le attività motorie”.
Il tutto seguendo gli insegnamenti del prof. Jean Paul Belgrado, uno dei massimi esperti al mondo di linfologia, docente e ricercatore presso l’Università di Bruxelles, ma di origini asiaghesi, che anche per questo motivo ha supportato fin dall’inizio l’Ulss 7 Pedemontana nel percorso di apertura del nuovo Centro, in particolare formando gli operatori sanitari che opereranno all’interno della struttura sull’Altopiano.
Per approfondire: il linfedema
Il linfedema consiste in un anomalo ristagno di liquidi nei tessuti cutanei e sottocutanei in una o più parti del corpo. Si manifesta tipicamente con un gonfiore ad un braccio o ad una gamba e se non adeguatamente riconosciuto e trattato comporta una progressiva disabilità, con difficoltà di movimento degli arti interessati, e importanti infezioni cutanee ed altri disturbi della cute.
Le cause del linfedema possono essere diverse: può essere congenito o ereditario, e in questo caso si parla di linfedema “primario”, oppure può essere “secondario”, ovvero può verificarsi in seguito alla rimozione di linfonodi per la cura di tumori come il cancro alla mammella, alla prostata, all’apparato uroginecologico e il melanoma, oppure ancora in seguito a terapia radiante, traumi, infezioni, o come complicanza di malattie cardiovascolari e sistemiche.
In Veneto si stimano circa 2.500 nuovi casi all’anno di linfedemi secondari, il 20% dei quali abbisogna di trattamenti intensivi, e 500 nuovi casi di linfedemi primari, il 90% dei quali necessita di trattamenti intensivi. Nel mondo ne soffrono 300 milioni di persone.
Qualsiasi sia l’origine, per il linfedema non esiste una cura definitiva e risolutiva, tuttavia una presa in carico precoce ed efficace è fondamentale per fermare o rallentare in modo significativo l’evoluzione della patologia, salvaguardando così l’autonomia del paziente.
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