Da anni, da decenni, quando si parla di migrazioni e di migranti, tutti si pensa, in Italia ed in Europa, a centinaia di migliaia -con una enfatizzazione- di persone provenienti da un non meglio precisato “sud”, o comunque dal mare, soprattutto dai confini meridionali dell’Europa (Spagna, Italia, Malta, Grecia, in prevalenza guardando ai numeri) o più recentemente con i nuovi conflitti in Medio Oriente (tra Siria, Iraq e Afghanistan) dal bordo sud-orientale dell’Unione Europea.
Ad ogni nuova ondata migratoria, coincidente pressoché con ogni nuova estate, i telegiornali come i confini meridionali ed orientali dall’Unione Europea tornavano ad affollarsi di migranti, in fuga da guerre, carestie, malessere economico. E così ormai abbiamo sentito tante versioni e tante letture sulle vicende politiche così come sulle persone in fuga.
Con una certa generalizzazione non troppo distante dalle singole realtà nazionali, si poteva ben dire che vi erano due blocchi di Paesi membri dell’Unione Europea. Il primo, anche perché investito direttamente dalle ondate migratorie, che ha sempre richiesto a viva voce per un verso una cogestione unitaria delle politiche migratorie come della sorveglianza delle frontiere, e per l’altro verso una ridistribuzione dei migranti approdati sulle coste o comunque entrati nel Paese. L’altro blocco, capitanato e costituito in prevalenza dal “gruppo di Visegrad” -ossia Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia- ha invece sempre manifestato se non disinteresse alla questione talvolta perfino avversione, come se i migranti non fossero affar loro.
È notevolmente dolceamara la sensazione che si prova oggi nel vedere immagini e video splendidi di cittadini polacchi presentarsi alle stazioni di confine verso Ucraina e Bielorussia armati di cartelli con su scritto frasi del tipo “ho due letti e un divano” in segno di piena accoglienza verso quelli che sono intesi storicamente e culturalmente come dei fratelli. La città di Leopoli – L’viv per secoli è stata una delle capitali culturali, economiche, sociali, amministrative del Regno di Polonia, e nel corso dei secoli e delle diverse amministrazioni statali sotto cui ricadde è divenuto uno dei centri più ricchi e floridi culturalmente dell’intera Europa. Il popolo polacco tutto ciò lo sa bene, lo ricorda bene e prova sincera apertura verso il popolo ucraino. Ciò che le immagini e i video ci restituiscono è il più sincero, genuino e commovente segno della fratellanza tra i popoli che in questi giorni di guerra possiamo osservare, registrare e…per favore: scolpire nella nostra memoria comune.
La Polonia, prima tra gli Stati Membri dell’Unione Europea a non voler discutere nemmeno di Politiche Migratorie Comunitarie fino a ieri, oggi si trova “sul fronte” e sa bene quanto il regime sia negazione di ogni libertà e che questa quando manca è come restare senza l’ossigeno per respirare, ed anche per questo accoglie tutto il popolo ucraino. Ma sa anche che da sola non può farcela: sono previsti almeno 5 milioni di profughi ucraini a causa di questa stupida guerra. Un solo paese, quale che sia, non può reggere l’onda.
Non resta allora che sperare che ora sì, finalmente, si apra un tavolo di discussione seria all’interno dell’Unione Europea sulla gestione dei migranti, di qualsiasi migrante, di ogni provenienza e in entrata in qualsiasi Stato Membro. Perché la verità, di cui tutti dobbiamo andare orgogliosi e che oggi in Ucraina dobbiamo difendere, è che l’Europa è attrattiva non solo per il Benessere -eccome, anche, certamente- ma anche e soprattutto perché è Terra della Libertà e dei Diritti, cioè del Diritto e della Democrazia, dei Diritti delle Persone. La frontiera della Libertà oggi sorge ad est, ma corre lungo tutti i confini degli Stati Membri dell’Unione Europea.
La lezione della storia sulla guerra non vogliamo davvero mai impararla: riusciremo ad impare almeno questa?
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