Eutanasia e suicidio assistito: il diritto di scegliere della propria vita

Mario (nome di fantasia), un 43enne marchigiano, rimasto gravemente paralizzato circa 11 anni fa a causa di un incidente stradale ha finalmente ottenuto ciò che più desiderava. Da circa un anno aveva richiesto all’azienda sanitaria delle Marche di poter avere accesso ad un farmaco che potesse porre fine alle sue lunghe sofferenze e finalmente ha avuto la sua vittoria: per la prima volta, si è dato l’ok per il suicidio assistito.

Lunedì dopo 3 anni il disegno di legge sul suicidio medicalmente assistito è approdato in Aula in un’aula praticamente deserta. Il provvedimento, sollecitato dalla Consulta nel 2018, era già stato ridimensionato in commissione con l’introduzione dell’obiezione di coscienza.

Ma qual è la vera differenza tra il suicidio assistito e l’eutanasia?

Con “eutanasia” si intende l’atto di procurare intenzionalmente e nel suo interesse la morte di una persona che ne faccia esplicita richiesta; per “suicidio assistito” invece la morte avviene grazie all’assunzione autonoma da parte del paziente del farmaco letale: i medici preparano il farmaco e tutto ciò che aiuterà il paziente ad assumere il medicinale, ma l’ultimo gesto deve essere compiuto dal paziente stesso autonomamente. Quindi, in sostanza, nessuno interviene nella somministrazione delle sostanze, se non il paziente stesso messo nelle condizioni di farlo.

In questo momento in Italia, il referendum sull’eutanasia promosso mira ad abrogare l’articolo del codice penale che punisce di omicidio il medico che assiste il malato nelle  operazioni. Nel Parlamento nel frattempo, si sta provando a scrivere per ora, con scarsi risultati, una legge sul suicidio assistito seguendo le indicazioni della Consulta a seguito della sentenza nata a seguito del caso Dj Fabo.

Un paese che in Europa si distingue da questo punto di vista è l’Olanda dove, sin dal 2002, il fine vita è considerato legale e da quasi 2 anni questo diritto è stato esteso anche ai minori di 12 anni che soffrono di malattie terminali. A questo, si aggiungono il Belgio, dove l’eutanasia infantile non ha invece limiti di età e il Lussemburgo in cui questa pratica è viene adottata esclusivamente per adulti e malati terminali senza prospettive di vita.

Altri paesi europei come Spagna, Francia, Austria e Germania consentono solo l’eutanasia di tipo passivo (interruzione dell’intervento medico). In Portogallo invece è da qualche tempo stato revocato il decreto che legalizzava il suicidio assistito ed è vietata qualsiasi tipo di eutanasia (attiva o passiva). Inoltre in paesi come Croazia, Grecia, Serbia le pratiche di fine vita sono considerate come un omicidio a tutti gli effetti.

In Italia anche se le cose continuano a procedere a rilento, grazie a Mario e a realtà come quella dell’Associazione Luca Coscioni, si è riusciti a fare ancora un passo in avanti verso il diritto all’autodeterminazione del malato.

In Europa invece, viste le diverse sensibilità dei vari paesi e la lentezza dei parlamenti a legiferare  purtroppo, la strada per il raggiungimento di una posizione comune sul diritto al fine vita è ancora lunga.

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