I consiglieri regionali del PD Andrea Zanoni e Anna Maria Bigon si sono espressi attraverso un comunicato in merito all’elevata presenza di PFAS negli alimenti della zona rossa in Veneto. Duro l’ammonimento nei confronti della Regione.
“La presenza di Pfas negli alimenti all’interno della zona rossa è più vasta del previsto; non riguarderebbe solo l’area attorno a Lonigo ma anche i Comuni lungo direttrice del fiume Fratta, ovvero Montagnana, Bevilacqua e Terrazzo. Quello che emerge dallo studio realizzato da ricercatori dell’Università di Padova e di Firenze deve essere preso in considerazione dalla Regione: effettui in terzo monitoraggio come aveva già annunciato nel 2019“.
I due consiglieri regionali del PD chiedono dunque alla Regione di effettuare un terzo monitoraggio, in seguito a quanto riportato nella ricerca “Sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) negli alimenti dell’area rossa del Veneto”. La ricerca è stata pubblicata dalla rivista scientifica Epidemiologia & Prevenzione, sulla base dei dati ufficiali della Regione ottenuti dopo il ricorso al Tar da Greenpeace e Mamme No Pfas,
“Ricerca che evidenzia, tra l’altro, come le matrici animali siano di gran lunga più contaminate rispetto a quelle vegetali”.
“È grave che siano associazioni no profit e comitati a commissionare studi del genere, utili a tutelare la salute dei veneti, sopperendo alle lacune della Regione – si legge nel comunicato -. Probabilmente meno si parla di questo inquinamento e meglio è per la popolarità del suo presidente, ma il silenzio di Palazzo Balbi è imbarazzante, un’omertà che i cittadini non meritano.
L’ultimo monitoraggio sugli alimenti è del 2017, possibile che da allora non sia stato ritenuto prioritario realizzarne uno ulteriore? Era stato annunciato per finire nel dimenticatoio. Ieri abbiamo presentato un’interrogazione per sapere se questa promessa si tradurrà a breve in fatti concreti. Fatti che aspettiamo anche su caratterizzazione e bonifica del sito Miteni, su cui la Giunta continua a non rispondere, nonostante un’interrogazione di quasi sei mesi fa”.
Con l’acronimo PFAS vengono identificate le sostanze perfluoroalchiliche che, grazie alla loro stabilità termica e chimica, risultano essere chimicamente stabili nell’ambiente e resistenti ai tipici processi di degradazione, riuscendo a persistere nel suolo, nell’aria, nell’acqua.
Vengono impiegati dagli anni ’50 per la produzione di diversi prodotti commerciali quali gli impermeabilizzanti per tessuti, tappeti, pelli, insetticidi, schiume antincendio, vernici, rivestimento dei contenitori per il cibo, cera per pavimenti e detersivi.
In particolare, sono in grado di alterare tutti i processi dell’organismo che coinvolgono gli ormoni, responsabili dello sviluppo; del comportamento; della fertilità e di altre funzioni cellulari essenziali. Le patologie maggiormente riscontrate a causa dell’esposizione prolungata a queste sostanze, sono il tumore ai reni, il cancro ai testicoli, malattie della tiroide, ipertensione in gravidanza, colite ulcerosa e aumento del colesterolo.
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