Era il 26 ottobre del 2018 quando iniziò a piovere. Capita spesso in autunno, quando l’estate è ormai un ricordo lontano in montagna, le temperature sono già rigide e si attende la neve per dare inizio alla stagione sciistica. Invece continuò a piovere per giorni e quello che inizialmente era sembrato solo un accumulo di pioggia, si trasformò poi in un violento uragano che spazzò via più d 15 milioni di alberi sull’altopiano e in tutto il Nordest.
Una mattina d’autunno ci svegliammo senza corrente in casa, con i telefoni isolati e il panorama che conoscevamo non esisteva più, portato via per sempre da raffiche di vento che avevano sfiorato i 200 chilometri orari.
“Inizialmente fu incredulità perché mai il Veneto era stato travolto da una simile calamità meteorologica – ha detto il governatore del Veneto Luca Zaia in occasione del terzo anniversario – poi dolore nel vedere ancora una volta la montagna veneta e non solo ferita così profondamente da far temere il peggio, infine determinazione di tutti, Istituzioni, Regione, Comuni, Province per rinascere facendo squadra. Resta ancora parecchio da fare ma oggi, a tre anni di distanza da quella catastrofe, possiamo andar fieri di quanto è stato fatto, ben consci che altro lavoro ci aspetta.”
Quando il vento cessò, un silenzio surreale dominava i boschi e i paesi dell’altopiano. Chi poteva, dava una mano a chi ne aveva bisogno, ma erano talmente ingenti i danni che solo un miracolo avrebbe potuto portare sollievo. Ci fu chi rimase ferito durante la tempesta, chi scampò alla morte per un soffio e chi invece andò incontro al proprio sfortunato destino. Incredulità è il termine corretto per definire lo smarrimento che riempiva lo sguardo degli abitanti dell’altopiano.
Val d’Assa e la piana di Marcesina, i due luoghi simbolo della potenza dell’uragano, con i loro maestosi alberi distesi come birilli abbattuti al suolo da una gigantesca e inarrestabile palla da bowling.
La potenza del vento arrecò danni per circa 3 miliardi di euro. In tutto il Nordest si rilevarono case e infrastrutture crollate, ospedali inagibili, frane, strade interrotte, scuole e ferrovie chiuse e interi paesi senza energia elettrica o rete telefonica.
Prese il nome di Vaia, come Vaia Jakobs, manager di un grande gruppo multinazionale di materassi, grazie al regalo originale da parte di suo fratello. In Europa infatti esiste la possibilità di pagare per dare il proprio nome a un evento meteorologico: l’Istituto di Meteorologia dell’Università libera di Berlino fin dagli anni ‘50 del secolo scorso mette a disposizione un nome di donna in modo da assegnarlo in modo casuale a uno specifico evento atmosferico.
“Il Veneto non si è pianto addosso ed ha ricostruito in fretta – ha affermato Luca Zaia – intraprendendo un piano da oltre duemila cantieri (2.221 ad oggi) per oltre 700 milioni di euro, tra cui le opere simbolo della ricostruzione dei Serrai e della sistemazione del lago di Alleghe. Ne partiranno presto altri 360, pari a circa 270 milioni di euro. Sono lavori sui quali abbiamo investito molto, ma che vanno fatti perché l’incolumità umana viene prima di tutto – dice il Governatore – e perché se un’altra catastrofe come Vaia ricapitasse, non possiamo farci trovare impreparati.”
Ad oggi l’80 per cento del legname è stato portato via dai boschi e rivenduto, in larga parte alla Cina, ma c’è un vecchio nuovo nemico da combattere: il bostrico.
Nel frattempo i lavori proseguono, i boschi tornano ad essere abbastanza puliti e percorribili, ma chiunque abbia vissuto quelle giornate non può dimenticare la sensazione di paura e di cuore squarciato a metà provate in quelle ore.
Vaia, 26-30 ottobre 2018; 28 ottobre 2021
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