Se prima erano gli elettori a seguire i politici, ora sono i politici a spostarsi seguendo gli elettori

Se, come tutti sappiamo o almeno abbiamo tanto spesso sentito ripetere, un tempo si votavano i partiti per posizione ideologica, per ‘fede’ appunto politica, oggi stiamo arrivando a conoscere una fase del tutto nuova nella manifestazione del consenso degli elettori, cioè di tutti noi.

Due casi veneti possono darci spunti di riflessione interessanti.
Il primo è il caso del Sindaco di Verona, Federico Sboarina. Già aderente al Popolo delle Libertà, cioè la fusione tra Forza Italia e Alleanza Nazionale (quest’ultimo fu primo partito di Sboarina), questi si candidò -non risultando eletto- al Consiglio Comunale della città scaligera già nel 2012, tra le fila della compagine di centrodestra avversa all’allora leghista del territorio in piena ascesa Flavio Tosi, e poi, risultando eletto, nel 2017 ormai in veste civica con “Battiti per Verona”. Sì, perché tra il 2010 e il 2020 possiamo indicare il periodo in cui il civismo ha visto la sua maggiore ascesa, anche in risposta all’antipolitica targata Movimento 5 stelle. La stagione dei “candidati arancioni”, colore allora emblematico del “civico” oltre i partiti, fiorì in tante grandi Città italiane in particolare a traino centrosinistra: Pisapia a Milano, De Magistris a Napoli, Zedda a Cagliari, Doria a Genova, indicando operazioni in realtà di matrice centrosinistra, di successo come di fallimento.

Archiviata, si osa dire, la fase grillina, si registra oggi un ritorno ai partiti, ma in maniera, appunto come si diceva in apertura, del tutto nuova.
Negli ultimi 3 anni abbiamo visto succedersi 3 governi diversi per composizione delle maggioranze che li hanno sostenuti, così come nei sondaggi si è registrato un movimento costante e davvero massiccio delle preferenze elettorali.

Facciamo quattro fotografie: alle elezioni di marzo 2018 per la Camera dei Deputati il Movimento 5 Stelle prende lo storico 32,68%, la Lega prendendo il 17,35% diventa primo partito del centrodestra, il Partito Democratico prende il 18,76%, e Fratelli d’Italia prende un oggi incredibile 4,35%.

Un anno dopo ad agosto 2019 (fonte YouTrend), nel momento di crisi del Governo Conte I con subentro del Conte II il M5S è quasi dimezzato al 17,6%, la Lega è più che raddoppiata al 36,8%, il PD è tutto sommato stabile al 21,7%, e FdI ha quasi raddoppiato ma pur sempre al 7,3%.
A fine 2020 (fonte YouTrend), quando oramai il Conte II sembra scricchiolare (e crollerà un mese dopo), la Lega è in pieno tracollo al 23,7%, ed anche il M5S non sembra riuscire a frenare davvero la discesa ora al 14,8%, specularmente FdI è in piena ascesa ormai al 16,2%, ed il PD al solito stabile al 20,6%.

Oggi, giugno 2021 i sondaggi (fonte TGLa7) ci restituiscono un ulteriore diverso scenario, impensabile solo che 3 anni e 3 mesi fa, vero? L’ultima settimana di giugno infatti marca lo storico sorpasso: è FdI il primo partito in Italia al 20,7%, la Lega incollata al 20,3%, PD al 18,8% e M5S ak 16,6%.
E così, in ciascuno di questi momenti in cui abbiamo per così dire scattato una foto delle preferenze elettorali si è registrato (o in quel momento o poco dopo) uno slittamento degli eletti verso altri lidi. Si badi bene, appunto, i politici eletti hanno, potremmo dire, inseguito i sondaggi, le preferenze espresse dagli elettori, andando a posizionarsi ove questa parevano o maggiori o in particolare ascesa.

La mossa del Sindaco di Verona appare quindi inquadrabile in questa nuova modalità di azione o meglio spostamento politico: l’eletto migra ove gli elettori gli indicano.

Altro aspetto diciamo collaterale di questa nuova tendenza -ed è il secondo caso che prendiamo qui in considerazione – è quello che si può registrare col movimento cofondato dal Sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, assieme al Presidente di Regione Liguria Giovanni Toti.
Non sembra registrarsi un particolare legame né una istintiva previa intesa tra i due. Mentre appare chiaro quanto l’opa, più o meno esplicita, di Matteo Salvini su Forza Italia abbia convinto non pochi a riflettere sulle proprie sorti elettive. E così “Coraggio Italia” ha subito registrato apprezzamenti nei sondaggi e quindi (da cui, come conseguenza) in alcuni eletti.

Un piccolo cortocircuito è dato dal ritrovarsi assieme del Governatore Ligure Toti e del deputato genovese Marco Rizzone. Non basta il fatto che quest’ultimo alle elezioni del 2018 vinse il seggio contro l’allora delfino o secondo in comando di Toti in Liguria, il leghista Edoardo Rixi, ma ad aggravare è anche il poco rispettoso siparietto messo in scena dai due nemmeno troppo tempo fa.

E i primi scambi registrati ed ormai agli onori delle cronache, giusto 1 anno fa (una mezza era politica fa, come i sondaggi hanno dimostrato), non sembravano poter lasciar credere ad una futuribile intesa tra i due…

Sotto all’ennesimo post di Toti Presidente di Regione Liguria avverso il Conte II giallo-rosso, l’On.Rizzone, allora grillino, sbotta senza giri di parole: “un Governo non votato da nessuno? Studia la Costituzione, capra ignorante!” e a rincarare la dose sulla propria pagina Facebook: “ignorante o sciacallo?

Al che Toti rispose: “Questi insulti mi sono arrivati da un deputato ligure grillino, che molto probabilmente nessuno di voi conosce per la sua scarsa azione e poca incisività romana a favore della Liguria. Anche io personalmente non sapevo chi fosse. […] Trovo assurdo che un rappresentante del nostro Parlamento non abbia altri argomenti per attaccare un avversario e si esprima come un bambino di terza elementare, con tutto il rispetto per il bambino.

A forza di inseguire l’elettorato, guardate un pò quanto vicini si sono ritrovati Rizzone e Toti, due che erano nati per opporsi l’uno all’altro, ora invece assiepati in trincea l’uno accanto all’altro. Similmente, quanto a lungo Sboarina si è presentato come “civico” e della società civile, per poi oggi aderire con convinzione a Fratelli d’Italia? Sboarina stesso ha dichiarato: “Aderisco a quel partito a cui mi sento da sempre di appartenere”.

I due casi veneti sono casualmente nel campo del centrodestra, ma altrove si potrebbe dire similmente nel campo progressista.

Provando a scavare tra le macerie ideologiche abbandonate da tutti ormai anni orsono, davvero non si riesce a trovare motivazione solida, per quanto argomentata, a sostegno della ultima e più recente adesione di un eletto ad un partito/movimento.
Al contrario, le parole sono sempre del tutto di circostanza, quasi suonando come quelle di un Ibrahomovic qualunque, ieri arrivato al Milan, oggi alla juve, domani all’Inter, e sempre dichiarando l’ultima fosse proprio la squadra in cui sognava di giocare da bambino.

A chi mi dice -rivendicava recentemente Rizzone – che ero a capo della delegazione del M5S alle elezioni regionali in Liguria contro Giovanni Toti e ora vado con Toti, rispondo che in realtà io e Toti abbiamo trovato una figura di riferimento come il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, che ha proposto una politica del fare e una visione che ci convincono”.

Insomma, i casi veneti, Sboarina e Rizzone per conto Brugnaro, sembrano fornire prova anche in terra veneta di un nuovo modo di intendere la propria azione politica ed il proprio collocamento.

E non è qui tanto il discorso del votarsi ad una causa, ad una ideologia per la vita, non propriamente. Qui si vuole evidenziare che una volta nei casi in cui un eletto cambiava collocazione, si spostava, riusciva a portare con sé nella propria nuova casa un certo numero di elettori.

Oggi invece pare se mai accadere il contrario: sono gli elettori che, mutando assai frequentemente (come è anche normale che sia, in questo matto inizio di terzo millennio) le proprie preferenze, influenzano a tal punto gli eletti che questi compiono balzi da una collocazione ad un’altra, da un partito ad un altro, a ritmo frequente e senza remore ideologiche o precostituite.

E forse, in questi giorni di lite se non guerra vera e propria tra Beppe Grillo, garante del M5S, e Giuseppe Conte, richiamato a far da leader dello stesso M5S, chissà se non vedremo spostamenti verso altri lidi, in questo caso probabilmente di matrice di centrosinistra.

Che effetto ciò può avere sulla qualità della nostra classe dirigente, sulle scelte prese, sulla credibilità e sulla lungimiranza di queste?
Forse alla fine più che la condanna o la comprensione verso questo nuovo modo di intendere il consenso e l’ascolto con gli elettori, a mettere sotto giudizio potrebbero (dovrebbero?) appunto essere le conseguenze di lungo periodo sulla classe dirigente e sulle politiche pubbliche da questa messe in atto.

Un tale (Alcide De Gasperi) diceva “uno statista guarda alla prossima generazione, un politico alle prossime elezioni”. È ben vero che abbiamo appena visto approvare il Next Generation in salsa italiana, ma qui pare davvero che molti politici sia siano purtroppo ridotti a guardare ai prossimi sondaggi, quelli di lunedì prossimo, senza alcuna altra preoccupazione.

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