«“Ma no, Tony, fallo più forte, più forte!”» comincia così l’aneddoto che Antonio Ricco mi racconta sulla storica medaglia di argento di Luca De Aliprandini in Gigante del Mondiale di Sci di Cortina il 19 febbraio scorso. Ricco è fisioterapista libero professionista in Genova, da un anno fisioterapista della Nazionale di Sci Italiana in Coppa del Mondo per il Gigante Maschile all’interno del team nelle Discipline Tecniche.
Come è il rapporto medico con Luca, appunto, che tipo è?
«Ogni atleta è diverso: c’è quello che magari viene da te, e ha piacere a farsi diciamo un po’ ‘coccolare’, fare due chiacchiere, magari ha un po’ di tensione, fai delle manovre qualche movimento per scioglierlo, Luca no: lui è uno che viene solamente quando ne ha bisogno. Ciascun atleta ha le proprie abitudini, il proprio carattere.»
Quel giorno di gara del 19 febbraio invece…
«Già nella prima manche Luca aveva fatto una grandissima gara: è rimasto attaccatissimo ai primi, era tranquillo, però sentiva che aveva proprio l’occasione di esprimersi al suo meglio, di agguantare finalmente un buon risultato, magari non si aspettava quel tipo di risultato, nemmeno noi. Sai, hai davanti, anzi dopo di te a scendere Alexis Pinturault, che è ‘un cecchino‘ -Pinturault ha infatti vinto sia la classifica del Gigante sia proprio la Coppa del Mondo di Sci 2021, appena conclusasi domenica 21 marzo scorso-, quindi già festanti abbiamo detto “ha fatto terzo posto, alè, è un risultatone!”. Poi Pinturault non ha completato la gara e quindi ARGENTO! Tra tutti, atleti e tecnici, una grandissima emozione! Davvero bello, davvero una grande soddisfazione! Perché se in una squadra non fai risultati è chiaramente difficile: c’è tanto lavoro, ogni volta vai alla gara carico, preparato… E allora quando arriva un successo stratosferico come questo, beh, vale 10 volte! Quindi sono lacrime, lacrime di gioia!
Io sono un tifoso, sfegatato e da sempre, di calcio, del Genoa. Lo sci non è il mio primo sport, quindi talvolta magari appaio più distaccato degli altri. E invece in questo anno e mezzo mi ha preso tantissimo! Questo mondo mi ha preso e mi sta prendendo completamente: ti da grandissima soddisfazione quando hai risultati, soddisfazione personale e di tutto il team. Questo è il bello, davvero.»
Torniamo a Luca: tra prima e seconda manche a Cortina…che è successo?!
«Tra la prima e la seconda manche mi chiama e mi fa “vieni, mi mobilizzi un po’ le anche, il bacino”. Mi è sembrato un po’ strano: lui non è solito, perché se si sente bene non ha voglia magari di far rilassare o rilasciare la muscolatura, vuole essere un po’ più pronto. Io l’ho percepita come se volesse scaricare un po’ di tensione, 20 minuti in cui non pensare alla gara, pensare a un’altra cosa: sai che te la giochi, davvero, la tensione ti può sommergere! Allora sono andato da lui, lo ho mobilizzato, ci siamo scambiate due-tre battute più leggere, e questo momento penso se lo sia ‘goduto’, quegli attimi in cui non ha pensato a quello che doveva fare. Poi sicuramente – e mi guarda ammiccando – il fatto di mobilizzarlo ha fatto anche bene!» ché ‘a ciascuno il suo’, come è giusto che sia!
E poi, prima di scendere la seconda manche?
«E poi lui è solito chiedere un trattamento speciale, a metà tra sanitario e scaramantico, un po’ per la attivazione muscolare – detta con una espressione che lascia trasparire tutte le perplessità del professionista sanitario – un po’ per la cabala -ride-. Lui chiede non dico mica massaggiare, ma proprio dare degli stimoli belli forti alle gambe: si tratta di prendere la neve da terra, mettertela tra le mani sui guanti, e tirargli degli schiaffoni alle cosce, ma forti, eh! Allora ho preso un po’ di neve e ho iniziato a schiaffeggiare, e lui mi fa “ma no, ma fallo più forte, più forte!” e quindi io ho ho fatto abbastanza forte, eh, sia a destra sia a sinistra! La sera poi…eravamo tutti assieme, con una grande gioia in corpo, a fare festa, lui s’è scoperto le cosce e davanti a tutti, ridendo di gusto, mi ha fatto vedere che c’aveva dei lividi “grossi così”!».
Sei proprio un fisioterapista che, come si suol dire, lascia il segno! Questa è proprio bella! Traspare che ci sia proprio un bel clima, un bello spirito tra il personale medico, quello tecnico, e gli atleti. Hai già accennato allo spirito di squadra che vi pervade: è davvero così?
«Sì, davvero. Nelle giornate di allenamento io, che sono il fisioterapista, che lavoro per di più al pomeriggio e che al mattino servo se mai nell’emergenza, io vivo come se fossi un atleta, con gli orari dell’atleta: sveglia presto la mattina, si va tutti in pista! Tecnici, preparatore atletico, fisioterapista e atleti tutti assieme, una vera squadra! E poi vedi – col sorriso fiero di chi sa di aver dimostrato al mondo il proprio valore, col giusto spirito di rivalsa – quella dello -slalom- Gigante è stata una squadra anche un po’ bistrattata nel corso degli anni perché non aveva portato dei risultati importanti: ci sono stati tanti investimenti da parte della Federazione, che ci ha sempre creduto, investimenti per portarli in giro per il mondo, e ciò ha chiaramente un costo, però ti sembra di non aver raccolto nulla di concreto. Hai due-tre-quattro atleti tra i primi 30 al mondo, che è ottimo in via generale, mae non è soddisfacente per la Nazionale Italiana che ha annoverato atleti che hanno fatto la storia dello sci mondiale, mica solo italiano, come Gros, Thoeni, Tomba nel passato e più recentemente Massimiliano Blardone. E però senti le critiche, i commenti e i brusii avversi la squadra…
Ecco, con questa medaglia le cose sono un po’ cambiate, certamente, lo si spera! Si è rivalutata la squadra, l’atleta De Ali, lo staff, perché ha portato un risultato importante che sta lì, nella storia inciso nella pietra, nella storia è un Argento Mondiale! E’ stata una grandissima emozione, un successo di squadra, dai tecnici al fisioterapista, al preparatore atletico, di tutto lo staff.»
Dicevi appunto che si vive tutti insieme, ci si sveglia e si va in pista e…poi?
«E poi si fanno dei giri di pista: gli atleti fanno 10 giri massimo, non ne fanno di più. Poi a seconda del periodo della stagione possono variare: magari ne fanno 3, magari ne fanno 6, quindi possiamo parlare di un allenamento ciascuno di 7-8 minuti al massimo. La loro prestazione è quasi al 100%, come da gara, richiede una preparazione, una concentrazione e una energia ai massimi livelli: praticamente fanno 3-6 gare ogni mattina!»
E voi tecnici diciamo non atleti?
«Ognuno ha il proprio ruolo: il tecnico sta attento che non si tolgano i pali, prepara la pista, sta attento alla liscatura e alla preparazione della neve, a ghiacciare la pista, a bagnare la pista, a salare la pista, perché il tecnico ha un ruolo di supporto alla parte tecnica, di correzione del gesto…lavori “nascosti” ai più, ma fondamentali per prerapare al meglio la gara. Poi quando gli atleti scendono io li filmo: di solito lo fa il fisioterapista perché il fisioterapista ha una videocamera, riprende l’atleta che scende giù e fa il video. Nel frattempo il preparatore atletico sta dietro al crono, quindi mette i tempi e da i tempi.»
Questo la mattina. E al pomeriggio? E’ lì il clou del tuo lavoro?
«Sì, è qui. Dopo pranzo c’è un’ora e mezza di riposo, si riprende alle 15-15:30.
Nel pomeriggio c’è prima di tutto la seduta tecnica-teorica, in cui l’atleta e i tecnici si vedono e vanno a studiare le varie entrate in curva, le varie angolazioni, la parte tecnico-sportiva. A volte vado anche io a vedere il video per capire se, avendo qualcuno male a un anca o al ginocchio o magari hanno mal di schiena, un classico, ciò è perché scarica male il peso, e quindi perché compensa: questo aspetto è sì interessante per il mio lavoro, ma anche per il lavoro di tutti.
La attività pomeridiana è suddivisa in preparazione atletica e check medico. La preparazione atletica consta di esercizi, stretching, richiamo di forza, a seconda del periodo della stagione, movimenti aerobici: c’è un po’ di tutto. Di questo se ne occupa prevalentemente il preparatore atletico: Giuliano Ravera. E poi chi ha bisogno si fa vedere da me, dal fisioterapista. Chiaramente io ho della attrezzatura che mi porto sempre dietro: ho il lettino gonfiabile portatile, ci sono dei macchinari come la tecar, la borsa con l’oggettistica varia come bende, bendaggi, creme. Poi svolgo per davvero la mia professione, a seconda delle situazioni sanitarie, che possono essere diverse.
Può succedere che durante un allenamento un atleta cada quindi c’è un evento traumati ed in casi così valuta nell’immediato, a volte perfino si valuta già direttamente in pista, se non farlo più sciare, se farlo riposare, o se portarlo all’ospedale. Oppure può essere all’opposto che l’atleta abbia un problema che si porta dietro da tempo, e quindi si continua con la terapia che si sta facendo, lo si controlla, si fan dei check di volta in volta per monitorare la situazione, e magari qualche atleta ha qualche problema cronico che si porta dietro durante la stagione o se lo porta dietro da anni.
A volte hai dei giorni in cui non viene nessuno perché magari e per fortuna! stanno tutti bene, e te la godi un po’ di più, e poi ci sono delle volte che si fanno vedere tutti e sei gli atleti della squadra, e lì sì che è dura!»
Ecco, la squadra: cosa intendi quando usi questa parola, quanti siete, cosa fate?
«Per la squadra del gigante c’è il responsabile di squadra, l’allenatore responsabile, poi ci sono uno- due allenatori, un preparatore atletatico e il fisioterapista, e si è tutti sempre assieme al seguito degli atleti: questo è il contingente classico.
E poi chiaramente ci sono gli atleti: nella squadra del gigante gravitano 6 atleti, tra loro ci sono ovviamente Luca De Alibrandini, l’atleta di punta, Giovanni Borsotti, Riccardo Tonetti, Hannes Zingerle, e questo anno era aggregato anche Roberto Nani che però purtroppo ha avuto qualche problema fisico, e quindi non ha fatto la stagione completa. Per dirla in termini comprensibili, questi atleti hanno “il posto fisso” in squadra, cioè sono sempre convocabili dal direttore tecnico, Roberto Lorenzi. Cioè, diciamo che sì hanno il posto garantito in squadra, ma comunque poi devono anche confermarlo di gara in gara: non tutti ci riescono, non è facile!»
E tu, Antonio, come hai fatto ad “entrare in squadra”?
«Io sono entrato in squadra, in Federazione Italiana Sport Invernali, ufficialmente il 1 gennaio del 2020: a metà quindi della scorsa stagione, ed ho seguito fin da subito la squadra maschile di Gigante in Coppa del Mondo. E’ stato un evento un po’ fortuito, te lo racconto. Fondamentale è stato il sano pressing svolto su di me da un medico della commissione medica della F.I.S.I., Matteo Guelfi, ortopedico, anche lui di Genova, che più volte negli anni mi ha chiesto di entrare a far parte del team, e dopo un lungo ‘corteggiamento’ ho accettato. Quindi nella scorsa stagione 2019/2020 io avrei dovuto seguire la squadra femminile di Coppa Europa, e già parliamo di livelli ragguardevoli. Poi è successo –ecco l’elemento imprevisto– che mi hanno chiamato qualche giorno prima di Natale 2019, per chiedermi se io ero disponibile, così, un po’ all’improvviso, per entrare in squadra maschile di Gigante di Coppa del Mondo, a seguito di un forfeit a sorpresa del mio predecessore nell’incarico.
Mi sono preso qualche momento perché è evidentemente un gradino ancora più in alto. Certamente l’eccellenza sì dello sci, e quindi anche un impegno bello gravoso: sono 120 giornate all’anno, è un impegno a tempo pieno e in giro per il mondo! Ne ho parlato anche con Sara, mia moglie, e abbiamo deciso, insieme, di fare io questa esperienza ai massimi livelli. Ho quindi accettato, e sono partito a spron battuto, proprio perché nel pieno della stagione sportiva! Poi purtroppo è finita come è finita, diciamo incompiuta, per via del Covid e delle contromisure messe in atto.
E poi da lì mi hanno confermato: è stata ed è una gran bella soddisfazione! Ora quest anno abbiamo finito la stagione intera, culminata con l’Argento di Luca nel Gigante a Cortina, che è un succeesso clamoroso! Prima medaglia e primo podio in carriera, sulla pista Labirinti a Cortina, “in casa”! Non c’era una medaglia al Mondiale dal 2013 a Schladming in Austria: il bronzo di Manfred Moelgg sulla mitica Planai. Una medaglia iridata mancava da tanti anni, e mancava un risultato molto importante nel Gigante: erano 5 anni che non c’era un podio in Coppa del Mondo di un atleta italiano.» (il 18 dicembre 2016 alla Gran Risa in Alta Badia per la Coppa del Mondo 2017, Bronzo di Florian Eisath; il precedente era stato il 13 febbraio 2016 a Naeba in Giappone, Bronzo di Massimiliano Blardone; e quello prima ancora il 28 ottobre 2012 a Solden in Austra per la Coppa del Mondo 2012/2013, Argento di Moelgg).
Caspita, quanto vale questo argento! Ed ora, quindi: sguardo rivolto verso dove?
«Questa stagione è finita, però siamo già proiettati verso il futuro: ci rivediamo il mese prossimo, da aprile ci prepareremo per qualche giornata, e poi da luglio-agosto saremo davvero sotto per preparare la stagione olimpica, perché a febbraio 2022 ci sono le Olimpiadi a Pechino. Quello sarà l’appuntamento che non dobbiamo mancare: siamo già con la testa lì! E’ un appuntamento importante per tutti, magari l’ultimo appuntamento per alcuni dei nostri atleti: sia per Manfred Moelgg sia per Luca De Alibrandini, è una grande occasione! Poi, vabbè, guardando ancora oltre e col trasporto del cuore, nel 2026 ci sono le Olimpiadi di Milano-Cortina, a cui tutti vorremmo andare!»
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